Chieti. “L’export rappresenta circa il 28% del valore aggiunto regionale, in media con l’Italia, intorno al 36%. Ma nel 2022, l’export abruzzese ha superato gli 8,8 miliardi, crescendo del 2% rispetto al 2021, soprattutto nel primo semestre 2023 i dati mostrano un’ulteriore accelerazione del 12%, tre volte superiore alla media nazionale, quindi l’export traina l’Abruzzo con una crescita di cui si sono già toccati 5 miliardi”.
È il direttore regionale Lazio e Abruzzo di Intesa Sanpaolo, Roberto Gabrielli, a commentare i dati che il primo gruppo bancario in Italia ha rivelato a Chieti nel corso dell’evento “Scenario e trend economici dell’Abruzzo. Le specializzazioni del territorio e i distretti industriali”.
“Quindi – prosegue Gabrielli – se riusciremo ad avere un secondo semestre simile al primo verranno superati 9 miliardi di euro di export, una vetta importante.
L’automotive sta crescendo dell’11% rispetto al medesimo periodo del 2022 e rappresenta un terzo del totale dell’export regionale”. “Ma – specifica Gabrielli – hanno fatto bene anche la farmaceutica, con una crescita del 51%; l’agroalimentare, 15%; e anche il sistema moda, il 20%”.
Lo scenario economico regionale, emerso dall’indagine della Direzione Studi e Ricerche Intesa Sanpaolo, rivela che nei distretti abruzzesi nel 2021 si è registrato un recupero quasi totale dei livelli di fatturato pre-pandemia; ha pesato l’andamento del sistema moda, che ha subito maggiormente gli effetti della crisi. Sui mercati internazionali, nel 2022 le esportazioni dei distretti abruzzesi hanno raggiunto i 674 milioni di euro, una crescita di quasi 120 milioni rispetto al 2021. Si tratta del miglior risultato dal 2009, anche se i valori sono inferiori del 15% rispetto al picco massimo raggiunto nel biennio 2007-2008. Per i due distretti dell’agroalimentare i livelli di export 2022 rappresentano il massimo storico mai raggiunto, con una crescita del 177% per la Pasta di Fara e del 336% per i Vini del Montepulciano di Abruzzo rispetto ai valori 2008. Cresce il raggio delle esportazioni, che servono mercati sempre più lontani, con gli Stati Uniti divenuti il primo mercato di sbocco, assorbendo il 20% del
totale.