Firenze. Potrebbero registrarsi sviluppi nel nuovo corso delle indagini sui delitti del Mostro di Firenze, l’omicida che tra gli anni Settanta e Ottanta si aggirava per le campagne toscane uccidendo coppie appartatesi in intimità e praticando, sulle vittime femminili, atroci mutilazioni post mortem. È di pochi giorni fa la notizia del ritrovamento di un baule un tempo appartenuto alla famiglia di Pia Rontini, uccisa il 29 luglio 1984 a Vicchio, nel Mugello, insieme al fidanzato Claudio Stefanacci. L’oggetto era stato affidato dal padre della vittima a un vicino di casa ed era ormai dimenticato da anni. Al suo interno, dei vestiti e alcuni quaderni.
La Polizia scientifica, coordinata dalla Procura di Firenze (le indagini sono attualmente affidate al procuratore aggiunto Beatrice Giunti e al sostituto Ornella Galeotti), ha proceduto al sequestro dei reperti all’inizio di questa settimana. Il tutto – il baule e il suo contenuto – sarà esaminato con le più evolute tecniche di analisi forense, nella speranza di rinvenire tracce potenzialmente utili all’inchiesta.
Gli organi di stampa hanno poi dato conto del recupero di un rullino fotografico, con impresse diciassette immagini, appartenuto a Nadine Mauriot e Jean Michel Kraveichvili, i giovani turisti francesi uccisi dal Mostro la notte tra il 7 e l’8 settembre 1985 a Scopeti, San Casciano Val di Pesa. A quanto si legge, anche le immagini impressionate nella pellicola verranno analizzate dagli inquirenti.
“Analizzare vecchi reperti, con le moderne e più sofisticate apparecchiature forensi, può portare a profili genetici”, spiega all’agenzia di stampa LaPresse il generale Luciano Garofano, già comandante del Ris di Parma. “Se il materiale raccolto sulle scene del crimine degli otto duplici delitti Firenze, avvenuti tra il 1968 e il 1985, è stato custodito correttamente nella catena di conservazione oggi, da piccolissimi frammenti si può ricavare il Dna.” “Mi occupai personalmente degli ultimi tre omicidi, inviando i campioni repertati fino in Inghilterra, dove già alla fine degli anni ’80 erano molto all’avanguardia con le metodologie e le strumentazioni di laboratorio per estrarre e campionare il Dna”, continua Garofano. “Rispetto ad allora, oggi si può essere fiduciosi che con le nuove analisi si possa arrivare ad ottenere risultati soddisfacenti che possano contribuire alle nuove indagini.”
Certo, non sappiamo se e in che misura i reperti in questione, provenienti dagli ultimi due duplici omicidi del serial killer fiorentino, potranno effettivamente aggiungere utili elementi a quanto già sappiamo relativamente al caso, consentendoci di rischiarare le numerose zone d’ombra che ancora lo rendono impenetrabile.
Tanti, troppi gli interrogativi che reclamano una risposta e che speriamo il nuovo corso dell’indagine riesca finalmente a chiarire. Tra questi: il misterioso soggetto di cui si è insistentemente parlato lo scorso anno, coinvolto, prima dell’inizio della carriera criminale del Mostro, nel furto di una Beretta .22 (l’arma utilizzata dall’omicida in tutte le sue aggressioni) e al quale i Carabinieri avrebbero dedicato uno dossier negli anni Ottanta, è implicato o meno nella vicenda?
E, altro aspetto cui anni fa si è accennato sui giornali: l’impronta di calzatura recuperata sulla scena del delitto commesso a Calenzano il 22 ottobre 1981 (vittime: Susanna Cambi e Stefano Baldi) è davvero riconducibile a uno stivale dell’esercito francese?
Non è azzardato affermare che la risposta a interrogativi del genere potrebbe contribuire significativamente alla soluzione del mistero.