Roma. Più di due anni dopo la scomparsa di Emanuela Orlandi, avvenuta il 22 giugno 1983, la zia della ragazza, Anna Orlandi, si è recata presso il reparto operativo dei Carabinieri. Era il 23 ottobre 1985. La donna, nubile, che abitava con la famiglia di Emanuela, ha prospettato ai militari dell’Arma la possibilità che, nella scomparsa della nipote, potesse essere coinvolto un uomo che lei, Anna, aveva frequentato per tre anni e che non vedeva più dal maggio 1983. Lo riporta 361Magazine.
Un uomo che, all’inizio della loro frequentazione, si era presentato come Paolo Rossi, astenendosi, pare, dal riferire ad Anna di essere sposato. La donna – alla fine del loro rapporto – aveva saputo che il suo vero cognome era Toschi da quello che 361Magazine chiama il “signor E.D.”.
All’epoca, Anna aveva quarantanove anni e “Paolo Rossi” trenta. Sembrerebbe che lui abbia più volte parlato con Emanuela, almeno per telefono. Il giornale on line riporta anche lo stralcio di quello che dovrebbe essere un atto di indagine, di cui non indica gli estremi:
“Considerato che il Toschi all’atto della conoscenza con Orlandi Anna, si qualificò alla stessa sotto falso nome di Rossi Paolo, con la donna non ebbe alcun rapporto ‘intimo’ a dire della Orlandi, per cui gli incontri avuti con essa, protrattisi per ben tre anni, presumibilmente erano finalizzati all’acquisizione di notizie sul conto della famiglia Orlandi.”
Non risulterebbero, per il momento, ulteriori tracce di eventuali accertamenti effettuati sul soggetto.
E, per la verità, le dichiarazioni rilasciate alcuni anni dopo a Repubblica da Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, relativamente all’individuo in questione, pongono la vicenda in termini parzialmente differenti. Prima della scomparsa di Emanuela, riferisce Pietro, la zia Anna era stata avvicinata per la strada dall’uomo, con il quale era in seguito rimasta in contatto. Una frequentazione saltuaria, talvolta anche in presenza di Emanuela. Nell’intervista, Pietro indica costui chiamandolo Paolo Rossi. E racconta che, una volta, aveva telefonato a casa chiedendo di Anna, in quel momento assente. Nella circostanza, aveva fornito un nome diverso, Paolo Toschi appunto. Da allora, se ne erano perse le tracce.
Il racconto del fratello di Emanuela fa inoltre riferimento a quando la zia si era recata dai Carabinieri. I militari le avevano mostrato alcune fotografie e, in una di queste, lei aveva riconosciuto l’uomo, il cui nome era effettivamente Paolo Toschi. Conclude Pietro Orlandi: “Ci dissero che apparteneva ai Servizi.”
Recentemente, il settimanale Giallo ha fornito alcune informazioni sul soggetto e sulla sua famiglia, definita “imponente”. Lui, attualmente pensionato, sarebbe stato impiegato presso l’Alitalia. Suo padre, era ufficiale della Guardia di Finanza nonché Cavaliere di Gran Croce. Un fratello, all’epoca della scomparsa della cittadina vaticana, era comandante in seconda della Capitaneria di porto di Roma-Ostia e, nel 2006, sarebbe divenuto “il più potente uomo della Guardia di finanza, il comandante generale”. Oggi in pensione, collaborerebbe con lo staff del ministro degli Affari esteri. L’altro fratello, un “potente uomo della finanza”, avrebbe lavorato con i figli del socio e consuocero del banchiere e faccendiere Michele Sindona.
E il citato settimanale ha anche intervistato direttamente Paolo Toschi, che ha negato di aver conosciuto Anna, Emanuela e, in generale, la famiglia Orlandi, precisando di non essere mai stato interrogato in merito alla vicenda e di non aver mai saputo di una indagine su di lui.
Il tempo probabilmente ci dirà se tutto questo ha una effettiva attinenza con il caso Orlandi o se si tratta piuttosto dell’ennesimo pettegolezzo.