Roma. Un dato emerso dalle indagini relative al furto della bara di Katy Skerl, uccisa a Grottaferrata nel gennaio 1984. Nell’estate 2022, la Procura di Roma aveva aperto un’inchiesta sulla scomparsa, dal cimitero del Verano, della bara della giovane. E, acquisendo elementi in merito, ha ora individuato spunti investigativi potenzialmente utili all’indagine su Emanuela Orlandi.
Nelle scorse settimane, infatti, il pm Erminio Amelio ha, tra l’altro, più volte sentito il “supertestimone” e reo confesso del caso Orlandi, il fotografo e regista Marco Fassoni Accetti e, nei verbali, si menzionerebbe il nome di una donna che, all’inizio di dicembre 1983 – sei mesi dopo la scomparsa della cittadina vaticana, avvenuta il 22 giugno – registrò su un’audiocassetta un messaggio di rivendicazione del sequestro. L’audio fu inviato da Boston (Massachusetts), insieme a un testo scritto a penna, al giornalista americano Richard Roth, corrispondente da Roma per la Cbs. Una delle quattro rivendicazioni pervenute da Oltreatlantico, che, all’epoca, furono ritenute autentiche in esito a una comparazione grafica con le precedenti lettere del cosiddetto “Amerikano”.
Dunque, la registrazione giunta da Boston in Italia il 6 dicembre 1983 sarebbe riconducibile a una donna di 59 anni (allora 19enne), romana, che, a quanto si legge sul Corriere della Sera, sarebbe già stata convocata dagli inquirenti e avrebbe ammesso la sua responsabilità, limitatamente alla realizzazione del comunicato di rivendicazione, nel quale si reiterava la richiesta – già altrove avanzata – di uno scambio tra Emanuela Orlandi e Ali Agca, autore, il 13 maggio 1981, dell’attentato a Papa Wojtyla.
La donna, che attualmente risiede in un quartiere di Roma nord, avrebbe affermato di essere stata coinvolta nella realizzazione del comunicato quasi per gioco, ignorando i complessi retroscena della vicenda. Avrebbe quindi registrato il messaggio, con un finto accento inglese, a Roma e consegnato il nastro a qualcuno che lo avrebbe poi inviato negli Stati Uniti.
Fino a oggi, considera il Corriere, l’unica certezza acquisita sulle voci dei presunti sequestratori era che uno dei telefonisti fosse proprio Fassoni Accetti: ciò all’esito di un confronto tra le caratteristiche della sua voce e di quella di “Mario” (lo sconosciuto che chiamò casa Orlandi subito dopo la scomparsa), nonché della relazione tecnica elaborata da Marco Perino, consulente fonico della famiglia e di Netflix per la realizzazione della serie Vatican girl. A quanto risulta, in quello stesso periodo, tra l’estate e l’autunno del 1983, la giovanissima moglie di Accetti, compagna di scuola della sorella, si trovava in vacanza proprio a Boston, come da lei stessa dichiarato.
Non è escluso che tutto ciò sia stato orchestrato per creare una diversione nelle indagini, in una vicenda nella quale, come sappiamo, i depistaggi risultano sistematicamente attuati.
Probabile che gli atti relativi all’autrice della registrazione verranno presto trasmessi al pm Stefano Luciani, titolare dell’inchiesta sulla scomparsa di Emanuela.