Roma. L’istituzione della commissione bicamerale finalizzata a indagare sulla scomparsa di Emanuela Orlandi e di Mirella Gregori sembra appesa a un filo. Lo scorso 23 marzo, alla Camera, vi era stato voto unanime, ora il relativo disegno di legge sulla nascita dell’organismo parlamentare si è arenato al Senato. Dopo le accese polemiche suscitate dalle dichiarazioni su papa Wojtyla rilasciate da Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, la maggioranza appare sempre più perplessa sull’utilità (sull’opportunità) dell’iniziativa. Già un’avvisaglia in tal senso, un paio di settimane fa: il senatore Costanzo Della Porta (FdI) ha proposto un emendamento al testo base, proveniente da Montecitorio, teso a limitare a due anni la durata della commissione. E, nell’ultima seduta della I commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama, sono emerse divergenze e, per la prima volta, si è esplicitata l’eventualità di un mancato accordo.
Portavoce del mutamento di linea della maggioranza, il senatore Marco Lisei: nel corso della seduta del 16 maggio, ha richiesto, invece di discutere e votare il testo-base, da girare poi all’Aula di Palazzo Madama per l’approvazione definitiva, di tenere alcune audizioni “per ulteriori chiarimenti”. Lisei ha ipotizzato, in particolare, una sorta di convocazione preventiva “dei magistrati che seguono l’indagine” e “dei legali della famiglia Orlandi”: “rispetto al testo approvato, non si può non tener conto delle novità di cui si è avuta notizia nelle ultime ore, in particolare sulla riapertura del fascicolo da parte della procura di Roma e sulla decisione della Santa Sede di collaborare inviando gli atti richiesti”, ha argomentato. Insomma, una pausa “per riflettere”.
Le reazioni dell’opposizione non si sono fatte attendere. Dario Parrini (Pd), ha ribadito “l’auspicio di una rapida approvazione del disegno di legge licenziato in prima lettura” e palesato “sconcerto per l’irrituale richiesta del senatore Lisei”, evocando “il rischio di un intento dilatorio. Sarebbe preferibile un confronto franco e trasparente sulle reali motivazioni per le quali FdI abbia eventualmente cambiato opinione, piuttosto che ricorrere strumentalmente ad audizioni che dovrebbero essere svolte proprio dalla nuova Commissione di inchiesta.”
Alessandra Maiorino (M5s), ha ricordato che il voto espresso dalla Camera è stato accolto “con favore dall’opinione pubblica, su cui la scomparsa delle due giovani ha avuto un forte impatto emotivo.” Il Corriere della Sera riporta che la senatrice, raggiunta telefonicamente, ha aggiunto, facendo riferimento alle ormai note esternazioni di Pietro Orlandi, che “i piani vanno tenuti distinti: una cosa è la ricerca della verità sulla inquietante scomparsa di due ragazzine, un giallo di Stato caratterizzato da ombre e omertà ai livelli più alti; un’altra le dichiarazioni, magari improvvide, di un familiare, che va tuttavia compreso nella sua sofferenza. In ogni caso, l’idea di convocare in Parlamento i magistrati è assurda e inaccettabile, in quanto mortifica le istituzioni e contravviene al principio della separazione dei poteri.”
Andrea De Priamo (FdI) ha quindi tentato di stemperare le polemiche, garantendo che “non vi è intenzione di ritardare sine die l’approvazione del provvedimento, considerata l’attesa e l’esigenza di verità dell’opinione pubblica.” D’altra parte, il presidente della commissione Alberto Balboni (FdI) ha ipotizzato “un numero limitato di audizioni nella sede informale dell’Ufficio di presidenza.”
Secondo Valeria Valente (Pd), risulterebbe però “anomalo anticipare audizioni che saranno svolte appunto dalla Commissione d’inchiesta, la quale peraltro ha poteri d’indagine più incisivi e diversi da quelli delle commissioni di merito.”
Dunque, tutto di nuovo in discussione. Alla trasmissione DiMartedì, in onda su La7, Pietro Orlandi torna a commentare la vicenda: “Alla Camera ci fu grande entusiasmo, passo all’unanimità. Qualcuno invece al Senato ha proposto degli emendamenti e hanno proposto anche l’audizione di personaggi per chiarire alcuni fatti.” “Nella prima fase avevo piena fiducia, infatti dissi ‘non vedo più quella sudditanza psicologica nei confronti del vaticano che c’era sempre stata’, oggi invece sento che quella sudditanza è tornata. Non so se c’è qualcuno che non vuole rovinare i rapporti con la Santa Sede.” Le polemiche non sembrano destinate a sopirsi, in un momento, come abbiamo visto, già particolarmente critico.