Pescara. “Il peso in avanti” (People Pub) di Lara Lago (body activist e giornalista) è il titolo del libro presentato nel corso del 161esimo incontro della rubrica “Dialoghi, la domenica con un libro”. Con l’autrice ne hanno discusso Marielisa Serone D’Alò e Benedetta La Penna (attivista femminista intersezionale e speaker radiofonica).
La Penna ha detto: “Il testo mi ha sorpreso perché tratta in modo originale una tematica che ci è molto a cuore, ovvero la grassofobia, in particolare le differenze del nostro Paese rispetto all’estero. La stessa autrice ha dichiarato di puntare a farlo in modo ironico. L’abbattimento della grassofobia fa parte del movimento ‘body positivity’, spesso oggi indirizzata erroneamente a ragazze normopeso con qualche difetto da accettare, quindi considerata come l’allargamento del range di bellezza piuttosto che come l’accettazione dei propri corpi”.
Per la Serone D’Alò si tratta di “un libro che mi ha colpito innanzitutto nella forma. Mi viene in mente tutta quella pubblicistica che ha sempre generato cultura per finalità di ordine diverso. Il meccanismo è lo stesso, i brand hanno compreso di potere fare leva sul nostro corpo per ottenere profitto. Il lavoro che fa Lara Lago è necessario”.
La Lago Lago ha spiegato che “la ‘body positivity’ in Italia è stata letteralmente derubata dai brand, che l’hanno usata e plasmata per avvicinare le donne. Il messaggio è stato modificato. Forse avrebbe senso cambiare terminologia, in Italia la stiamo chiamando lotta alla grassofobia. C’è da chiedersi che effetto fa ai corpi realmente discriminati, a difesa dei quali dovrebbe essere dedicata la nostra lotta, vedere in copertina di Vanity Fair il corpo di Vanessa Incontrada in un messaggio passato come di body positivity. I corpi reali, veri, non li vediamo mai. La ‘body positivity’ nella sua accezione più autentica avrebbe bisogno di mostrarli altrimenti perdiamo tutta la ricchezza. Ci tenevo che questo libro non fosse una sorta di muro del pianto, a ribaltare una certa narrazione prevalente del corpo grasso. La struttura narrativa riflette la mia storia, sin da quando era bambina, quello che mi è successo, le scoperte che ho fatto giorno per giorno. Nel 2016 ho scoperto ad Amsterdam che è possibile vivere i propri corpi in un altro modo, decisamente più libero: è stato da quel momento che ho cominciato a mettere la testa su questo libro e a questa tematica. Serve una terminologia. Sono felice che si cominci a utilizzare la parola ‘grassofobia’, altre come ‘conforme’ e ‘non conforme’, anche se vedo molto reticenza a usare la parola ‘grassa’, viene intesa spesso come un insulto, ma dovrebbe avere un’accezione neutra”.