Pescara. Nel periodo 1991-2020, la media della pioggia annualmente caduta sull’Italia sfiora i 255 miliardi di metri cubi, circa il 18% in meno della media nazionale indicata nel 1970 dall’ultima Conferenza Nazionale sulle Acque, 300 miliardi di metri cubi. Lo rende noto con un comunicato l’Anbi, l’associazione nazionale dei consorzi di bacino.
Secondo l’Anbi, fino a 3 anni fa la classifica delle regioni più piovose vedeva in testa il Friuli Venezia Giulia (il “catino d’Italia” con 1238,7 millimetri), seguito da Trentino Alto Adige, Valle d’Aosta, Veneto, Piemonte, Lombardia, Liguria (tutte aree oggi colpite dalla siccità). A seguire venivano Umbria, Abruzzo, Marche, Emilia Romagna e poi via via le altre regioni, con la Sardegna fanalino di coda 516,2 mm. “E’ incredibile come siano bastati solo 1000 giorni a cambiare radicalmente la condizione idrica dell’Italia, dove oggi sono proprio i territori del Nord a soffrire maggiormente – commenta Francesco Vincenzi, Presidente dell’Anbi -. Illuminante è l’esempio della Sardegna che, da regione più assetata del Paese, ha saputo adattarsi, dotandosi di importanti invasi e di schemi idrici per spostare l’acqua fra territori”.
“I prossimi mesi – conclude Vincenzi – non potranno che vedere uno sforzo collettivo per gestire una situazione di conclamata siccità in territori di fondamentale importanza per il made in Italy agroalimentare. Al contempo, però, bisogna avviare da subito provvedimenti per aumentare la resilienza delle comunità e della loro economia alla nuova situazione climatica: dall’efficientamento dell’esistente alla realizzazione di nuove, indispensabili opere. L’Italia deve diventare un cantiere dell’acqua per gli anni a venire”.