AVEZZANO – “Prima di morire non ci chiederanno se siamo stati credenti ma credibili”. Lo diceva Rosario Livatino, il giudice ‘ragazzino’ ucciso dalla mafia nel settembre 1990. Una giovane toga che interpretò il proprio lavoro fino in fondo con un rigore che gli nasceva dal diritto, dall’etica e soprattutto dalla fede. Oggi,venerdì 21 aprile, ad Avezzano, nella sala Montessori, in via Fontana, è stata inaugurata la mostra (che resterà aperta fino al 3 maggio) dal titolo ‘Sub tutela Dei, l’uomo’, il giudice, l’esempio, per iniziativa del Cvs (centro servizi volontariato) Abruzzo. Alla cerimonia di apertura, presentata da Gino Milano, erano presenti, tra gli altri, il sindaco di Avezzano Giovanni Di Pangrazio, la curatrice dell’esposizione, Roberta Masotto, il prefetto della provincia di L’Aquila, Cinzia Torraco, Roberta D’Avolio dell’Asm (associazione nazionale magistrati) e il vescovo dei marsi Giovanni Massaro. La mostra racconta la vita di Livatino per istantanee e attraverso testimonianze video-audio, senza cedimenti alla retorica ma con l’intento di trasmettere al visitatore il senso messianico di cui Livatino si sentiva investito nel lavoro di giudice. Una bolla di commozione ha invaso la sala quando è stato diffuso una ricostruzione audio, realizzata con grande aderenza alla realtà degli ultimi attimi di vita del magistrato, in cui si mescolano, con tragica concitazione, la corsa nei campi nel tentativo di sfuggire all’agguato dei mafiosi l’invocazione supplice ai sicari, l’eco dei colpi di pistola e, infine, il silenzio.
Livatino, profondamente credente (‘Sub tutela Dei’ sono le parole che usava per scandire lavoro e vita di tutti i giorni), era persona umile e semplice; collezionava i fumetti di Tex e aveva grande passione per film Western. Nell’orazione funebre a un collega, disse: “I giudici si dividono in due categorie: quelli che, dopo il lavoro, si dedicano alla famiglia e ad altre faccende della propria vita e quelli che invece portano sempre dentro di loro il dramma e i fantasmi delle vicende che sono chiamati a giudicare”
E’ stato un uomo che ha vissuto sempre nell’ombra, refrattario alle esposizioni, discreto e silente, ma sua morte è stata così ‘rumorosa’ nelle coscienze degli uomini onesti da continuare a riecheggiare nella comunità civile accompagnata da quel viso pulito e candido che è diventato l’iconografia del suo martirio.