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Il figlio minorenne rassicurò la madre: “L’ho messa incinta ma appena appena”

Paradossi e dintorni

Vittorio Tucceri di Vittorio Tucceri
11 Marzo 2023
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“L’ho messa incinta ma appena appena”, disse il figlio minorenne, cercando di giustificarsi con la madre che, dopo avergli dato le busse, riuscì a trovare, non volendo, il termine adatto: “Inconcepibile.” L’educazione, del resto, passa anche per vie che prescindono dal metodo Montessori. Nel dopoguerra un’altra madre, non sapendo chi dei due avesse commesso la monelleria, schiaffeggiò a caso uno dei gemelli adolescenti che protestò la propria innocenza. “Non mi importa se non sei stato tu”, rispose lei, “la vita non guarda in faccia a nessuno.”

C’era un generale inviso ai soldati della naja, arrogante e protervo, che sfilando davanti al battaglione, disse con orgoglio militare: “Sono sull’attenti da 35 anni”. Qualcuno tra i soldati di leva gridò “riposo” e lui mise in punizione tutti. A suo tempo il servizio di leva (abolito) ammiccava alle matricole con slogan che non ammettevano titubanze sulle destinazioni di addestramento.  “Non chiedo dove”, era scritto con caratteri grandi sull’ingresso di una caserma.

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Nelle trincee della Grande Guerra, nella notte, al gelo e al fango, c’era un soldato chi scriveva poesie  sugli involucri di carta dei proiettili: “Un’intera nottata buttato vicino a un compagno massacrato con la sua bocca digrignata volta al plenilunio… Non sono mai stato tanto attaccato alla vita.” Giuseppe Ungaretti, il soldato in questione, diceva che la poesia è un’intuizione che si avvicina alla verità assoluta. Lo scrittore Carlo Emilio Gadda lo definiva ‘ambiziosissimo’ ma non ebbe mai il Nobel. Gadda, dopo il successo de ‘Il pasticciaccio brutto de via Merulana’, si definì con ironia un povero che poteva permettersi il bagno. Era un grandissimo intarsiatore di parole, per dirla col più grande giornalista sportivo di sempre, Gianni Brera, l’opposto dello scrittore Giovanni Guareschi che diceva di usare, nei suoi romanzi, non più di duecento parole.

Il francese Gustave Flaubert passava ore a calibrare un aggettivo, con accanimento maniacale. Inventò Madame Bovary, figura narrativa insuperata dell’amore extraconiugale e disperato dell’ottocento che si suicida col veleno. Ci sono poi uomini semplici, lontani dalle Lettere e dalla cultura, che avevano il pregio di chiedere senza troppi fronzoli e di suscitare, senza prevederlo, risposte ‘alte’.

Un contadino si avvicinò dopo molte esitazioni allo sconosciuto che vedeva da giorni passeggiare da solo vicino ai suoi campi. “Scusi, ma lei chi è?”

Lo sconosciuto lo guardò e rispose: “Ma lo sa? Me lo chiedo anch’io da settant’anni”. Era Arthur Schopenhauer.

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