L’Aquila. “Tenete sempre sotto gli occhi la Costituzione, li c’è tutto”: è il messaggio che ha lanciato ai giovani quello che è considerato l’ultimo “carceriere” di Benito Mussolini a Campo Imperatore (L’Aquila), l’umbro Ferdinando Tascini, che lo scorso 28 dicembre ha compiuto 100. Nato a Todi ora vive a Città di Castello dove è stato festeggiato in municipio. Il sindaco Luca Secondi gli ha consegnato una targa e una copia della Costituzione. “Dopo i tragici momenti della guerra è stata sempre e sarà per me e per la mia famiglia la bussola della vita che ci guida, di cui andare orgogliosi”, ha detto Tascini. Secondi che ha definito il centenario “esempio e testimonianza concreta di fatti di storia importanti che hanno segnato il Paese e che racconta con lucidità straordinaria”. “Un esempio di vita per tutti noi e orgoglio della comunità tifernate e non solo”.Alla cerimonia ha partecipato anche il comandante dei carabinieri di Città di Castello, il luogotenente, Fabrizio Capalti.
“A Campo Imperatore ero addetto al telefono dove ricevevo le notizie dalla base della funivia” ha raccontato Tascini in una nota del Comune, ripercorrendo poi le prime ore della prigioni del duce: “arrivò una macchina scura da dove uscirono Benito Mussolini e la sua scorta e quindi capimmo cosa eravamo andati a fare”. “L’ordine – ha proseguito – è che se avesse tentato di fuggire avremmo dovuto sparare. Lo vedevo abbattuto, viso scuro, taciturno, distrutto e parlava pochissimo”. Tascini ricorda “bene” il giorno dell’arrivo dei tedeschi. “Ci ordinarono di scendere disarmati e arrenderci – ha detto -, vidi tutti lì. Quando atterrarono gli alianti, Mussolini si affacciò ma non vedeva chi c’era. Voleva sapere chi fossero se americani o tedeschi. La sensazione fosse che aspettasse più gli americani dei tedeschi”. Nel 2019 Tascini dopo 70 anni è tornato con sua figlia e parte della famiglia a Campo Imperatore. “Ho preso subito il fazzoletto – ha ricordato – che mi veniva da piangere, ero emozionato, non mi sembrava di essere lì, non riconoscevo niente, ma era una sensazione straordinaria e ringrazio chi mi ci portò: per me una bella cosa”.