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Abruzzo: tra carceri ed eremi, da sempre terra di confino per angeli e demoni

Il boss dei boss Matteo Messina Denaro è solo l'ultimo dei prigionieri illustri ospitati dalla nostra regione

Francesco Proia di Francesco Proia
19 Gennaio 2023
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Abruzzo. Il trasferimento di Matteo Messina Denaro al 41 bis dell’Aquila è solo l’ultimo esempio di come la nostra regione, da più di duemila anni, abbia sempre ospitato prigionieri illustri.

Con i suoi oltre cento eremi l’Abruzzo è forse la regione italiana che ne possiede di più. Mistici, religiosi e santi sono sempre stati attratti dalle montagne della nostra terra, che come raccontava Ignazio Silone nel meraviglioso “Il seme sotto la neve”, “non sono montagne per turisti, ma per eremiti; non per vacche ma per capre e serpi; montagne aride deserte, di poca erba, di gente povera». Ma in Abruzzo oltre ai tanti angeli, abbiamo ospitato anche molti diavoli. La storia ci insegna che duemila anni fa nella colonia romana di Alba Fucens, nella Marsica, venivano confinati i più grandi nemici di Roma. Nel carcere dell’inespugnabile città romana (approfondimento disponibile qui), la più grande colonia militare della Roma repubblicana, vennero confinati prigionieri illustri come Siface re di Numidia, Perseo re di Macedonia e Bituito re degli Arverni.

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All’inizio del secolo scorso anche il regime fascista individuò la nostra regione come perfetta per confinare prigionieri di guerra, e infatti vi istituì il maggior numero di campi di concentramento d’Italia della seconda guerra mondiale, ben 15, oltre a numerose località d’internamento “libero”. Il motivo di questa elevata presenza di campi, secondo Costantino Di Sante e il suo libro “I campi di concentramento in Italia”, è da attribuire prevalentemente alla posizione geografica della regione, ideale in quanto permetteva un più sicuro isolamento e controllo degli internati, essendo collocata nel mezzo della penisola, strategica in quanto, secondo il Ministero dell’interno che si occupava dell’allestimento, difficilmente sarebbe stata interessata dalle operazioni belliche. Era, inoltre, lontana da fabbriche, da grandi vie di comunicazione, da zone militarmente importanti, ed era caratterizzata da una scarsa concentrazione abitativa, oltre che da una minore politicizzazione della popolazione. Le caratteristiche della nostra regione, insomma, soddisfacevano pienamente i requisiti ai quali i prefetti e gli ispettori di Pubblica Sicurezza, incaricati dal regime fascista, dovevano riferirsi nell’individuare luoghi e stabili in cui inviare gli internati. Uno dei più grandi della regione era quello di Avezzano, codificato con la sigla PG091. Si trattava di una struttura imponente che occupava una superficie di oltre 30 ettari, suddivisi in quattro settori, per un totale di 192 costruzioni, comprese quelle di comando, in grado di ospitare fino a 15.000 prigionieri e 1.000 tra soldati di guardia e ufficiali. Per chi volesse approfondire segnaliamo questi due articoli, uno disponibile qui e uno qui.

Ma l’Abruzzo venne scelto anche per la prigionia di Benito Mussolini, che venne trasferito in gran segreto nella prigione più alta e sicura del mondo, a Campo Imperatore sul Gran Sasso, a quasi tremila metri di altitudine (approfondimento disponibile qui). Uno degli aspetti più paradossali di tutta la vicenda è che fu Mussolini stesso a far costruire quello che poi divenne il suo rifugio/carcere. Quella sul Gran Sasso era stata costruita per essere la stazione sciistica più alta d’Europa, fiore all’occhiello del Regime Fascista, e persino l’hotel dove fu imprigionato aveva la pianta a forma di D poiché da lì a breve, secondo il progetto del Regime, sarebbero dovuti sorgere altri due edifici: uno a forma di U e uno di X affinché dall’alto, sul Gran Sasso, fosse possibile leggere la scritta DUX. Fu Adolf Hitler in persona a dare il via all’’unternehmen eiche, l’operazione quercia, che può essere definita la prima vera operazione di esfiltrazione della storia militare moderna, portata a termine il 12 settembre del 1943 dai paracadutisti tedeschi del Lehrbataillon Fallschirmjägerdivision e da alcune SS del Sicherheitsdienst. L’operazione è spiegata con dovizia di particolari nel thriller storico “Il nido della follia”.

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