Nel mortorio generale baravano con le bare e facevano continuamente ‘cassa’. Addetti ad alcune pompe funebri che ai funerali davano vita, in modo molto sotterraneo, al lavoro nero, in un silenzio complice e tombale. Era, tassativamente, un modo per evadere l’Erario e dare l’ultimo tributo (!) all’estinto. Nella coniugazione lavorativa la truffa era il vero ‘verbo’ dei portantini, declinato non al trapassato prossimo ma, ogni volta, al prossimo trapassato. Se qualcuno lo pensa, sbaglia: l’evasione non è per niente moribonda. Il numero di evasori, peraltro, era così alto da non rappresentare certo una minoranza funebre tanto che erano quasi 2000 (tanto per essere fiscali) i funerali che risultavano funesti per le casse dello Stato, ridotte a spoglie mortali. I portantini risultavano presenti contemporaneamente a più funerali, dando così luogo all’estrema finzione e riesumando, di volta in volta, trucchetti dell’altro mondo pur di fare spoliazioni di giacenze fiscali. Vista l’ampiezza del giro illecito era una sorta di ‘baropoli’? L’episodio è forse il baro-metro del nostro tempo? Una risposta che prima o poi arriverà. Non post mortem, si spera