Ha infettato finora 35 persone in Cina, nelle province di Shandong e Henan. È il Langya virus (LayV), del genere henipavirus, identificato nei tamponi faringei mediante analisi metagenomica e isolamento del patogeno.
Secondo uno studio effettuato da scienziati di Cina e Singapore e pubblicato sul New England Journal of Medicine, tale infezione (una zoonosi) provoca sintomi quali febbre, affaticamento, tosse e può giungere a compromettere la funzionalità epatica e quella renale. Per il momento, non vi è un vaccino o un trattamento per l’henipavirus: unica terapia, la gestione delle complicanze.
Il genere henipavirus è una delle zoonosi emergenti nella regione Asia-Pacifico: si sono osservati altri virus della medesima “famiglia”, come Hendra (HeV) e Nipah (NiV), capaci di infettare gli esseri umani e che hanno il loro ospite naturale nei pipistrelli.
A detta dell’Organizzazione mondiale della sanità, gli henipavirus possono causare gravi malattie negli animali e nell’uomo e sono stati classificati con un livello 4 di biosicurezza, ovvero con tassi di mortalità compresi tra il 40 e il 75%. Assai più elevati del Covid.
“I casi di Langya henipavirus finora non sono stati fatali o molto gravi, quindi non c’è bisogno di farsi prendere dal panico”, afferma Wang Linfa, professore del programma sulle malattie infettive emergenti presso la Duke-NUS Medical School, coinvolto nello studio citato, aggiungendo tuttavia che l’allerta è opportuna poiché molti virus esistenti in natura possono avere risultati imprevedibili quando infettano gli esseri umani.
La trasmissione del virus da uomo a uomo sembrerebbe non essere stata ancora dimostrata, sebbene rapporti precedenti suggeriscano tale possibilità.