Fa riflettere la normalità con cui sono stati dimenticati e poi ritrovati in questi giorni con un riconteggio “amministrativo” 67 morti. Vabbè, “tutti anziani”, dice qualcuno. Come se il valore della vita fosse calcolato in base ai giorni.
Invece non ci accorgiamo che stiamo perdendo proprio la migliore generazione, quella che ha fatto grande questa terra, quella umile, quella forte.
Quella che ce l’ha fatta, che ha cambiato le cose, che unisce il vecchio e il nuovo, anello tra un mondo che non c’è più e un mondo che non c’è ancora.
La generazione del coraggio, del sacrificio, discreta ma presente, in disparte ma curiosa, sempre nell’ombra ma sempre vicina.
La generazione dei nonni vecchi, dei padri all’antica, dalla voce severa e dallo sguardo buono.
Quella generazione di gente differente, vestita ancora differente, con un cuore differente, di pochi valori ma grandi valori, di piccole cose ma grandi cose, di cose semplici ma di cose importanti.
La generazione a piedi, quella della fame, della fatica, della guerra, del lavoro duro, delle mani sporche, delle scarpe rotte, della casa piccola e del cuore grande.
La generazione delle poche parole e dei tanti fatti, dei silenzi eloquenti e dei gesti importanti, del dolore nel cuore e della gioia negli occhi, delle lacrime asciugate di nascosto e dei sorrisi discreti.
Quella della gioia gioita, della vita vissuta e dell’amore amato.
Stiamo perdendo la generazione che ci ha insegnato a sognare, a non tornare indietro, a guardare avanti e ad andare lontano.
La generazione delle carezze e degli schiaffi, delle persone serie, della gente perbene, delle famiglie unite, delle chiese domestiche, del freddo fuori e del camino caldo.
Gli uomini delle preoccupazioni vinte dal coraggio, della dura realtà superata della grande speranza, dei problemi cambiati in soluzioni.
Quelli dello spicchio di una pera, del fango sui vestiti, della falce e del fieno, dell’orto e della vanga, del sole e della neve, del cappello e del fazzoletto in testa, del tramonto al ritorno, del fontanile per bere, della stalla e delle bestie, del cane e della legna, del sudore sulla fronte e dei calli sulle mani, dell’odore dell’erba e del sapore del vino.
Stiamo perdendo una parte di noi, la parte migliore, quella parte che abbiamo messo da parte, quei ricordi che abbiamo scordato, quei valori che abbiamo perduto e quei sentieri che abbiamo lasciato.
Stiamo cercando la smania della terra mentre perdiamo il desiderio del cielo.
Stiamo adorando le ceneri del passato invece di custodire il fuoco futuro.
Stiamo cercando quello che abbiamo, mentre, distratti, perdiamo quello che ci manca.