L’omicidio di Simonetta Cesaroni approda alla commissione Antimafia che, a quanto riferito nei giorni scorsi da Repubblica, intende riesaminare un delitto di più di trent’anni fa, rimasto senza colpevole.
La giovane è stata uccisa il 7 agosto 1990, colpita da ventinove coltellate, negli uffici dell’Associazione Italiana Alberghi della Gioventù (A.I.A.G.), siti in via Poma n. 2, a Roma, presso cui prestava momentaneamente la propria collaborazione come contabile. Ciò, su incarico dei suoi datori di lavoro, titolari di uno studio commerciale che annoverava l’A.I.A.G. tra i propri clienti.
Com’è noto, le prime indagini hanno condotto all’individuazione del colpevole in Pietrino Vanacore, il portiere dello stabile in cui è stato commesso il delitto, successivamente scagionato. All’inizio del 1993, una seconda indagine si è focalizzata su Federico Valle, giovane nipote dell’architetto che viveva all’ultimo piano del palazzo. Vent’anni dopo il delitto, Raniero Busco, fidanzato di Simonetta all’epoca dei fatti, è stato processato per l’omicidio e assolto in via definitiva.
Ora, in commissione Antimafia, riportano gli organi di stampa, sono stati depositati documenti inediti che conterrebbero nomi di persone finora mai indagate.
Durante un’audizione, sarebbero inoltre emersi particolari idonei a legittimare l’ipotesi che Simonetta sia morta in un orario diverso da quello inizialmente stabilito, precisamente un’ora prima. Il che imporrebbe ovviamente una nuova ricostruzione della dinamica degli eventi, invalidando gli albi di molti soggetti risultati finora estranei ai fatti.
Secondo l’avvocato della famiglia Cesaroni, Federica Mondani, “ci sono dei particolari che se dimostrati possono aprire scenari mai percorsi nelle precedenti inchieste, in particolare sul momento in cui Simonetta è stata uccisa. In questo delitto ci sono degli elementi che ricordano metodi omertosi, metodi di coperture reciproche e metodi di condizionamento territoriali e ambientali. E non a caso siamo davanti a questa commissione che vogliamo ringraziare”.
È dei giorni scorsi anche la notizia della morte di Lucio Molinaro, lo storico avvocato della famiglia Cesaroni che, in un memoriale, avrebbe prospettato una sua ipotesi sull’identità dell’omicida della ragazza. Secondo Molinaro, un elemento avrebbe meritato particolare attenzione in sede di indagine: il fatto che in pochi sapessero dove si trovava Simonetta il giorno del delitto. L’aggressione, secondo l’avvocato, sarebbe maturata nel contesto del condominio in cui la giovane stava lavorando, non risultando condivisibile l’ipotesi di un assassino estraneo all’ambiente.
In tema di possibili sospettati, già nei mesi scorsi era stata diffusa la notizia del venir meno dell’alibi di una persona allora presa in considerazione dagli investigatori, che però dei testimoni collocavano lontano dalla scena del crimine. Recenti dichiarazioni di una sua ex collaboratrice risulterebbero invece idonee a richiamare in causa il soggetto.
Da qui, una nuova indagine della Procura. Secondo una ricostruzione della vicenda pubblicata anni fa, il Dna di tale sospettato, deceduto da tempo, risulterebbe essere già stato posto a confronto con quello repertato sul reggiseno e sul top di Simonetta e sulla porta della stanza in cui il suo corpo è stato rinvenuto.
I misteri di via Poma: prima di Simonetta, un altro giallo senza colpevole