“Prima gli insulti. Ora le minacce di morte, pesantissime, a me e alla mia famiglia.” È quanto riferisce al Corriere della Sera l’avvocato Mauro Marsella, difensore di Annamaria Mottola, assolta, dalla Corte d’Assise di Cassino insieme agli altri quattro imputati, per l’omicidio di Serena Mollicone, avvenuto ad Arce nel giugno 2001.
Nonostante ciò, lamenta l’avvocato, “la caccia alle streghe continua”. “E con una bambina piccola a casa, preferisco andar via. Non voglio che anche mia figlia diventi oggetto di questo incredibile clima di intimidazione”. Rientrerà, dice, solo quando il clima si sarà rasserenato.
Quanto ai responsabili delle minacce, afferma di aver predisposto una denuncia “contro tre persone, identificate e ben conosciute”.
Parla di campagna d’odio, alimentata da certi giornali e blog. “È stata narrata solo una realtà: quella della Procura. E tutti si sono accodati. Si voleva a tutti i costi un colpevole. Ma se si fosse dato conto correttamente di quello che emergeva dalle udienze, l’opinione pubblica avrebbe capito che il castello di accuse stava crollando”.
Già dieci giorni fa vi erano state, riferisce il Corriere, parole pesanti, attraverso i social, indirizzate all’avvocato Francesco Germani (difensore dell’ex maresciallo Franco Mottola). La tensione è esplosa, poi, subito dopo la sentenza, con tentativi di aggressione ai danni della famiglia Mottola, all’uscita del Tribunale di Cassino che li aveva appena dichiarati innocenti.
L’avv. Marsella ricorda che qualcosa del genere si è già verificato in precedenza, quando Carmine Belli, carrozziere di Rocca d’Arce, fu ingiustamente arrestato e portato, nel 2003, sul banco degli imputati, come l’assassino di Serena. “Anche in quel caso, prima di capire che Belli fosse innocente, ci fu la caccia al mostro. Tutti erano contro di lui. Era il bruto da sbattere in cella per poi buttare la chiave. E sappiamo, invece, come è andata a finire: con la piena assoluzione in tutti e tre i gradi di giudizio”.
Ma allora Serena avrà mai giustizia? Qual è la verità?
Secondo Marsella, “Basta leggere le carte del processo. Le impronte dell’assassino sono sul nastro adesivo con cui è stata legata Serena. E lì non ci sono tracce dei Mottola. E poi vanno rilette le dichiarazioni rese dalle amiche di Serena. Un dettaglio sottovalutato”. “Le ragazze hanno riferito che, prima del delitto, da diverse settimane, Serena saliva in macchina con una persona molto più grande di lei. Un trentenne (Serena aveva 18 anni) che lavorava a Sora e con una famiglia alle spalle. Per di più sia la dottoressa Conticelli (che eseguì l’autopsia subito dopo il ritrovamento del cadavere, nel 2001) che la professoressa Cattaneo (che svolse nuove analisi, nel 2016, dopo che la salma fu riesumata) scrissero che non si poteva escludere un caso di violenza sessuale. Ma questa pista non fu mai battuta”.
Il mistero continua. Per il momento, si attende per l’autunno il deposito delle motivazioni della sentenza.