Eh sì, è proprio lei. Quella notte del 29 luglio scorso fu la Casellati a stralciare l’emendamento sul tribunale di Avezzano “per estraneità della materia” (pensate che il Dl era titolato “per l’efficienza della giustizia”). Fu proprio lei, con un vero e proprio colpo di mano senza precedenti, a fare uno sgambetto alla Marsica, all’Abruzzo e alla democrazia, ignorando il volere dei senatori di tutte le forze politiche, dal Pd a Fratelli d’Italia. L’emendamento era passato anche in Commissione Bilancio dove i senatori avevano trovato la copertura economica (720mila euro).
Fu un giorno triste, anzi una notte triste per la Marsica e oggi ne paghiamo ancora le conseguenze. Dopo mesi di battaglie ci siamo dovuti accontentare di una proroga di un solo anno, che oltretutto sta per scadere.
Veramente un bel regalo da parte della presidente Casellati.
Eppure questa mattina, accolta trionfalmente da banda, sbandieratori, figuranti, applausi (per cosa?) a non finire e sindaci in fascia tricolore (nel rispetto della seconda carica dello Stato) è arrivata proprio in Abruzzo e proprio nella Marsica, a Scurcola, a dieci minuti di auto da quel tribunale di cui ha decretato la condanna, con tutte le conseguenze sociali ed economiche che il territorio ora rischia nel caso in cui il presidio giudiziario dovesse chiudere.
Ma, come qualcuno potrebbe pensare, non è arrivata nella Marsica a parlare del tribunale, a chiedere venia di quel colpo basso che ha inferto a un intero popolo già ferito dalla crisi. La presidente Maria Elisabetta Alberti Casellati, che con questo nome sembra quasi rievocare il varo della nave della contessa Serbelloni Mazzanti Vien dal Mare di fantozziana memoria, è venuta a inaugurare un monumento dedicato alla celebre Battaglia di Tagliacozzo (stavolta di dantesca memoria) che si sarebbe tenuta a Scurcola.
Qualcun altro però potrebbe credere che abbia parlato di quel fattaccio del tribunale, almeno rispondendo alle domande di qualche giornalista.
Invece no, nemmeno questo.
Dal Senato è stato deciso che ad avvicinarsi per fare domande, interviste, riprese e foto potevano essere soltanto alcune delle testate presenti (due) e non a tutte indistintamente, come se ci fossero giornalisti di serie A e giornalisti di serie B, come si si volessero evitare domande scomode, come quella sul tribunale.
Un’ansia da prestazione mediatica comprensibile, soprattutto dopo una mossa che ha tagliato le gambe al territorio che vai a visitare. “Non si sa mai a qualcuno potesse venire in mente di chiedermi di quella notte”, avrà pensato la “presidenta”.
E non sarebbe una cosa nuova. Nel 2011 Dagospia raccontava che in tre anni la Casellati, allora sottosegretaria alla Giustizia, aveva cambiato 26 addetti stampa, alcuni scartati e altri fuggiti perché non riuscivano a stare dietro proprio “all’ansia da prestazione mediatica”. Una pratica quella del tiro a volo con i collaboratori che in questi dieci anni Casellati non ha mai abbandonato, come ha raccontato pochi mesi fa da Salvatore Merlo sul Foglio e a gennaio da Diego Petrini sul Fatto.
Quindi niente domande scomode.
A rievocare il fattaccio del tribunale ci ha dovuto pensare uno dei pochi non marsicani presenti. Ne ha parlato solo il presidente della Regione, Marco Marsilio che, una volta salito sul “pulpito”, se pure prendendo il discorso molto alla larga, ha avuto per lo meno il buon gusto di prendere l’argomento “Tribunale” davanti alla presidente, invitando ad approvare il progetto di legge di iniziativa della Regione “Salva tribunali”, parcheggiata da mesi e mesi in Parlamento.
Quindi, rispetto altissimo per le istituzioni, per ogni istituzione. Ma il rispetto deve essere reciproco e a mancare di quel rispetto che meritano tanto le alte cariche dello stato quanto i poveri comuni cittadini, è stata proprio la Casellati. Gettando nel cestino una decisione assunta dai rappresentanti politici e parlamentari di ogni colore che con voto favorevole avevano detto che il tribunale non doveva essere chiuso, e quindi ignorando per prima quel rispetto delle regole democratiche che meritano i parlamentari eletti dalla gente, anche dalla gente della Marsica.