Sulmona. Si sciolgono i pensieri su di una tela e vi è l’emozione. Un quadro è un respiro profondo nutrito dal tempo, è uno spirito libero che viaggia oltre le percezioni più realistiche e ne compone le forme con l’arte della creatività. Il maestro Giuseppe Di Martino, nato a Sulmona il 23 settembre del 1912, fin dalla sua giovinezza, ha dato slancio ad una forte propensione artistica esprimendo la sua personale cognizione della bellezza ‘est-etica’ mediante l’arte pittorica che, con pregio, lo ha accompagnato nell’intero corso della sua vita.
Deceduto il 27 gennaio del 1998, ha lasciato ai suoi posteri una importante collezione artistica privata e, tuttavia, chi ha avuto il privilegio di beneficiare di queste esemplari visioni, ne è stato letteralmente conquistato dal bilanciamento cromatico e altresì dalle stesure pastose dei colori ad olio che, come fossero delle esplosioni emozionali, vi sono adagiate sulle tele del Di Martino con estrema naturalezza.
Il quadro dedicato all’acquedotto medievale di Sulmona, realizzato nel 1935, ci induce ad una dimensione distensiva, poiché l’autore estroiettando la luce con un effetto sabbiato, ha uniformato l’impatto visivo creando un’immagine piena ed equilibrata nella intessitura della stessa. Poiché un dipinto non è soltanto una mescolanza di colori, ma è anzitutto un incedere di pulsioni contemplative che divengono manifesto del nostro Io e, proprio come una stoffa dal filato pregiato, se ne ricamano le espressioni psico-visive, ornandone gli intrecci della vita con il valore dell’autenticità.
In primo piano, delle donne sedute sull’antica scalinata sulmonese lavorano assorte nelle loro mansioni abituali, mentre un’anziana signora di passaggio si sofferma a guardarle per poi, forse, riprendere il suo cammino altrove. Sullo sfondo invece, vediamo altri due passanti, di cui uno, trovandosi davanti al portale della chiesa di San Francesco della Scarpa, ci fa imprimere meglio la visione totalizzante del luogo illustrato.
Un’altra opera realizzata ad olio con la similare tecnica del bilanciamento cromatico e datata 1936, figura il mercato in Piazza Garibaldi, sito nella città di Sulmona. L’immagine folcloristica ci ammanta di genuinità sociale, lasciandoci immergere nelle tradizioni passate, dove l’abbondanza delle cibarie venivano soventemente acquistate in loco, garantendo quella biologicità tanto ricercata nell’oggi.
In ultimo, focalizziamo l’attenzione su una pregevole tela di grande motivo affettivo per l’autore, poiché ritrae suo fratello minore nella purezza della sua autentica essenza. L’anno di produzione è il 1936 e, abbandonandoci all’analisi più intima di questa singolare opera, ne resteremo affascinati per la forza morale intrisa in essa. L’uomo, figurato completamente nudo e in ginocchio, evangelizza l’autenticità del proprio Io con una intensa umiltà spirituale e, tendendo la sua mano sinistra verso una sorgente d’acqua, simboleggia la purezza del suo cuore. La sua posa, illustrata di profilo su uno scenario montano, ne evidenzia i piedi incrociati, evocando una connessione stabile con la meditazione che, ad occhi chiusi, rivolge al suo Credo.
La tecnica profusa in questo particolare capolavoro sentimentale è tuttavia, coerente con molte delle sue produzioni elaborate ad olio, poiché effondendo un velato filtro giallino, è riuscito ad esaltarne i colori della terra irradiandola di calorosità. D’altro canto, come sosteneva il filosofo Seneca “Tutta l’arte è imitazione della natura” e, proprio mediante essa, possiamo omaggiarci dello sviluppo bio-naturale della terra che ci induce all’autoanalisi creativa, al fine di motivarne la nostra crescita interiore.