Alfedena. Nell’amabile paese di Alfedena di origine sannitica che conta 925 abitanti, la figura del selciatore echeggia un richiamo importante poiché molti alfedenesi hanno operato su numerevoli strade e piazze, offrendo il loro lavoro anche ai più celebri luoghi di Roma che decorano, con pregio, il centro storico. D’esempio è anche la nota piazza di San Pietro sita a Città del Vaticano, che con i sampietrini ottenuti attraverso un’accurata lavorazione, dona un’armoniosa scenografia.
Gli alfedenesi, con i loro operati perfezionistici, hanno quindi dato slancio ad un’attività che pur racchiudendo un percorso faticoso e impegnativo ci dirigono tutt’oggi alla contemplazione di una grande nobiltà esecutiva, perché attraverso le loro mani esperte, possiamo tradurne il valore della riconoscenza, incolmabile proprio come le loro instancabili risorse lavorative.
All’interno della villa comunale del paese che, nel quattordicesimo secolo, fu definita dall’università di Napoli “orto botanico” per la presenza di generose varietà botaniche, viene ospitata, come gioiello etico, la monumentale scultura dedicata ai selciatori. L’opera scultorea, realizzata da Sandro Pagliuchi, è risalente al 16 agosto del 1966 e, sagomata con morbidi tratti, ne figura un uomo seduto per terra a gambe divaricate e intento a lavorare la pietra per buon mezzo del martello.
Sul basamento della scultura vi troviamo scolpite in una lastra di marmo queste significative parole: “Ai suoi selciatori che migrati alle cave basaltiche dell’Agro Romano, per secoli squadrarono e modellarono selci e cordoli, pavimentarono e decorarono strade e piazze di Roma, con alta professionalità ed abnegazione profonda. Alfedena – orgogliosa e riconoscente ad imperitura memoria – eresse nell’anno 1966”.
E, proprio attraverso questa incisione, possiamo testimoniare vieppiù, l’importanza della figura del selciatore che ha forgiato un profilo unico ed esemplare per il paese di Alfedena, rendendogli omaggio e sottolineandone la forza di quella famosa espressione proverbiale che noi tutti conosciamo, ovvero che “il lavoro nobilita l’uomo” ma certamente, vista la grande dedizione e professionalità territoriale, possiamo rimodularne la circoscrizione per meglio imprimerne il concetto, ossia che “anche l’uomo nobilita il lavoro”, poiché nel metaforico e vicendevole pregio, riusciamo a diffonderne la pratica costruttiva dell’evoluzione.