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Come all’ospedale di Avezzano salvano vite, tra personale carente e corse nell’inferno del pronto soccorso: la testimonianza

Magda Tirabassi di Magda Tirabassi
31 Maggio 2022
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Ospedale di Avezzano

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Avezzano. “Nella vita sappiamo che si vivono momenti di felicità e di gioia e ma anche di dolore e sofferenza. Il mio incubo inizia il 29 aprile del 2022, di sera. Inizio con un dolore precordiale fortissimo e subito irradiato al braccio. Non potevo respirare: il dolore mi stava travolgendo come un peso enorme addosso, sul petto e alla gola. Primo pensiero? Sto morendo. Allora di corsa al pronto soccorso di Avezzano, dove vengo subito trattata nel pre-triage covid”. Inizia così il racconto di L.D., di Avezzano, affidato alla redazione di Marsicalive, affinché diventi pubblico.

Una storia di paura, raccontata come una testimonianza, in modo che chi ha la possibilità di fare scelte, chi fa politica, si “metta una mano alla coscienza”. Affinché si investa di più sulla sanità e sui servizi per i cittadini che hanno diritto a curarsi.

“Poi sono stata portata dentro per tutti gli accertamenti. Mi dicono dopo tanto che si trattava di una sindrome coronarica acuta e che stavo praticamente avendo un infarto. Mi fanno uscire e mi dicono di rimanere nella sala d”aspetto. Senza monitor. Intanto la paura mi assaliva ancora di più. Vedevo il personale in modo affannoso e confusionario in pieno caos. Gente che urlava, bambini che piangevano, persone anziane lasciate da sole e nei loro sguardi vedevo solo terrore. Un ‘inferno’. Ore e ore di attesa senza esito. Vedo che il pronto soccorso sta collassando. Alle quattro di notte mi portano in Cardiologia per eseguire una consulenza. Mi accoglie una dottoressa molto gentile e umana, la dottoressa Maceroni”.

“La dottoressa mi visita”, va avanti il racconto, “e mi dice che la situazione è seria e avrei bisogno del ricovero. Noto che quasi si vergogna nel dirmi che non aveva posti. Buio totale. Torno giù nell”inferno’ ma nulla cambia anzi tutto peggiora. Volevo solo urlare e piangere ma non potevo per i miei familiari. Ero stremata, impaurita, mi sembrava tutto surreale. Dovevo trovare una soluzione, dovevo salvarmi. Mi metto in contatto con una mia parente che lavora nel pronto soccorso di Ancona dell’ospedale ‘le Torrette’. Intanto era dal venerdì sera alle nove che ero ormai in ospedale. Ci sono rimasta fino al sabato pomeriggio, non c’è stato nulla da fare, niente posti. Con mia responsabilità firmo la cartella. Mi dicevano: ‘È una cosa grave lei rischia di morire’. E che altra scelta avevo? Arrivo ad Ancona, faccio tutto quello che doveva essere fatto. Il giorno dopo mi fanno una coronarografia che, nonostante il movimento degli enzimi, mi dà esito negativo. Vengo dimessa e penso che tutto sia passato. A distanza di cinque giorni ho di nuovo dolore precordiale… Insomma stessa medesima situazione. E allora sono tornata di nuovo al pronto soccorso di Avezzano. Questa volta con meno caos. Vengo accolta dal personale infermieristico e dagli oss in modo diverso. Ma la paura e l’angoscia peggiora perché mi dicono che gli enzimi cardiaci erano altissimi. Mi sentivo sola e impaurita. Oramai quasi rassegnata. Mi visita la dottoressa Cornacchia: è molto premurosa. Mi manda in cardiologia e lì mi accoglie un’altra dottoressa, la Basso. Rimango senza parole: percepisco subito la sua umanità e professionalità e pacatezza. Mi prende in consegna e mi ricovera nel suo reparto. Perché mi dice che la situazione è seria. Non mi hanno lasciato un attimo nonostante il reparto fosse pieno di pazienti critici. Non dimenticherò mai quanto hanno fatto per me. Nel cambio turno del personale infermieristico, viene verso di me un infermiere che poteva essere mio figlio vista l’età, mi fissa e legge nei miei occhi la paura, la sofferenza per tutto quello che mi stava succedendo. Sì, caro Luca, questo è il nome di quel ragazzo, io ti ringrazio per aver percepito tutto questo. Quella sera sono riuscita a riposare. Il giorno dopo sono stata visitata dal dottor Valentini e dalla sua equipe, in modo particolare dal dottor Lucci, che mi spiega che purtroppo devono ripetere una coronarografia. Legge nel mio volto la disperazione e così mi tranquillizza. Stesso comportamento la dottoressa Ippoliti. Mi fanno la coronarografia. Il giorno dopo il dottor Valentini, è il primario, con un altro medico di cui non ricordo il nome, insieme a due professionisti del reparto, Nazzareno e Emiliana, umani e soprattutto preparati, dopo tanto prodigarsi, finalmente capiscono il problema. Così inizio subito la terapia. Mi hanno seguito passo passo tra controlli e tutto il resto, mi hanno fatto sentire bene e serena. A questo punto io sento il dovere di ringraziare tutte queste persone che si sono dedicate a me e alla mia salute. Ringrazio tutto il personale della Cardiologia di Avezzano, il primario dottor Valentini, le dottoresse Ippoliti, Maceroni, Basso, il dottor Lucci. Il medico che era presente insieme al primario durante la coronografia. Li ringrazio tutti, di vero cuore. Grazie alla caposala, al personale infermieristico. A Santina, Felice, Ninnino, Irene, Nazzareno, Emiliana, Rosita e di nuovo a Luca, alle infermiere che erano con lui ma di cui non sono riuscita a vedere il nome. A Fabrizio Falcioni, agli oss Davide, Tiziana. A tutti voi dico grazie pubblicamente, con questa lettera aperta e, se posso permettermi, vorrei dire che la salute non è politica. È un diritto. Io avevo dato fiducia nel mio ospedale e sono stata costretta ad affrontare con la paura un viaggio verso Ancona. Un incubo. Nonostante questo sono stati tutti gentilissimi. Mi sono ritrovata a riavere il problema. E alla fine sono stata curata nel mio ospedale, in un reparto che funziona tantissimo. Quindi mi rivolgo a voi politici: mettetevi la mano sulla coscienza quando riducete posti, quando decurtate il diritto alla salute e screditate voi la sanità. Date la possibilità alle persone meno fortunate di curarsi nel proprio ospedale e non di imbarcarsi in viaggi della speranza. Mi auguro che il dottor Valentini rimanga qui ad Avezzano con tutto il suo personale, perché davvero sono stati bravissimi. E cercate di aiutare il pronto soccorso di Avezzano. Perché è davvero un incubo ritrovarcisi. Quantomeno per il rispetto del personale che si prodiga ma senza avere risultati”.

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