Lanciano. Chi si affaccia nell’universo dell’arte comprende sensibilmente il dolore. Basti pensare ai più grandi artisti del passato che attraverso un vissuto, talvolta drammatico, ne hanno proclamato la loro grande moralità. La loro vita, incastonata al presente come esempio di riflessione, ci proietta nelle più grandi lavorazioni scultoree dedicate ai caduti. Ci troviamo in piazza del Plebiscito a Lanciano, di fronte ad uno scenario crudo e meravigliosamente imponente, si tratta di un gruppo marmoreo realizzato negli anni venti per ricordare i caduti della prima e seconda guerra mondiale. Questa scultura fu inaugurata il 13 settembre del 1926 alla presenza del principe Umberto di Savoia. I nomi, riportati su sei grandi e fredde lapidi, ci fermano il cuore dalla devastazione e macchiano, come inchiostro di china, le pagine di un libro che non vorremmo mai leggere né raccontare, ma sebbene argomenta delle drammaticità, affronta un tema tra i più importanti, ovvero racchiude l’incapacità di quegli uomini che, per interessi sovrastanti, non si motivano alla benevolenza e alla benaugurata pace.
Lo scultore Amleto Cataldi, con profonda esperienza concettuale, intraprese nella figurazione la strada più idealistica e, al contempo, di fortissimo impulso rappresentativo, dato da un sostegno morale che afferra rivendicazione di ciò che non è morto e che mai morirà. Si tratta di una corona d’alloro innalzata dal braccio destro della dea Atena, simbolo di gloria morale e saggezza spirituale, di cui però, intriso di condanna vi è il corpo di un soldato deceduto e che viene sorretto dalla stessa dea. Stanchezza, sofferenza e immatricolazione ad un destino crudele lasciano avanzare il liquame delle violenze. Poiché ogni guerra è in primis la devastazione della propria identità e frattura, crepa, lacera la sostanza del mondo regnandone la stoltezza.
Per imprimere meglio il concetto, possiamo affondare nelle aguzze lame dell’uomo che, elargendo le facoltà del guaritore sui mali altrui, non trova l’equilibrio personale se non vede la possibilità di una scelta pacifica, così cade nell’abisso del suo fallimento o peggio, condanna alla morte i suoi fratelli. E noi, attraverso questa intensa visione, ci troviamo di fronte all’impero del male che scuote le anime più sensibili e annienta la vita, sfibrandola con le più grandi sciagure. È dunque, un monumento pregno di esperienza e di valore contenutistico che domina imponente nella città lancianese e, facendoci elaborare dei pensieri introspettivi, possiamo significativamente indurci a questo principio di Mahatma Gandhi: “Il sentiero della nonviolenza richiede molto più coraggio di quello della violenza. La nonviolenza fa bene a chi la fa e a chi la riceve”.
Ebbene, con queste pregevoli elaborazioni meditazionali del Maestro, possiamo quindi omaggiarci della nostra immensa fede e del generoso coraggio racchiuso in noi, affinché le guerre si spargano solo sulle strade dei tempi nulli, ove non c’è esistenza, poiché nella nonviolenza nutriremo la terra e daremo ossigeno al cielo che, con amore immenso, risorgerà d’azzurro.