Bruxelles. “Mi aspetto che i leader alla riunione di oggi inizino oggi il processo per arrivare a prendere più decisioni a lungo termine sulla nostra deterrenza e difesa perché dobbiamo riposizionare la nostra difesa e deterrenza”. Lo ha dichiarato il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, all’arrivo al Summit straordinario dell’Alleanza, appena aperto a Bruxelles alla presenza del presidente americano, Biden.
Quello a Bruxelles è il secondo viaggio nella capitale europea del presidente Usa. Il primo fu nel giugno dell’anno scorso, quando la preoccupazione maggiore era riaprire i confini dopo il lungo lockdown per Covid. Da allora il mondo è cambiato. Di nuovo.
L’Europa è in guerra ma l’Ue è più compatta. E le relazioni transatlantiche sono tornate solide, dopo il gelo agostano della fuga da Kabul e dell’accordo Aukus. È passato un mese dall’invasione russa dell’Ucraina. Un mese di migliaia di morti e oltre 3,5 milioni di profughi.
Per la prima volta in tanti anni gli Stati Uniti non dovranno più convincere gli alleati europei a spendere di più per la propria difesa. Lo stanno già facendo. Anche i più scettici, con la guerra all’orizzonte, si sono convinti di aumentare i fondi per la sicurezza. Il due per cento del Pil non sembra più un’esagerazione, come quando a reclamarlo era il predecessore di Biden, Donald Trump.
Le preoccupazioni più emergenti e attuali sono due: il timore di un attacco chimico e il coinvolgimento attivo della Cina nel sostegno di Mosca. La Nato vorrebbe che Pechino condannasse l’aggressione russa o almeno si adoperasse per la pace. Ma soprattutto non vorrebbe vederla coinvolta con l’offerta di un sostegno per aggirare le sanzioni o, ancora peggio, con la fornitura di armi agli invasori.
Finito il summit Nato si riunirà quello del G7, sotto la presidenza tedesca del cancelliere Olaf Scholz. E questa riunione, per quanto sarà breve, indirizzerà anche il vertice europeo dei ventisette capi di Stato e di Governo nel pomeriggio al Palazzo Europa. Sul tavolo ci sono le sanzioni. Gli Stati Uniti spingono per un nuovo pacchetto che rafforzi quelle attuali, includendo magari il settore dell’energia ed estendendo l’esclusione dallo Swift anche delle due importanti banche rimaste (Sberbank e Gazprombank).
L’Unione europea vorrebbe invece prendere tempo. Perché un embargo all’energia, alle condizioni attuali, rischia di fare più male al sanzionante che al sanzionato. Non è escluso che vengano estese le misure restrittive già in corso, allungando la lista degli oligarchi nel mirino e i prodotti da non esportare più.
Potrebbero essere presi in considerazioni anche nuovi dazi sulle importazioni. Ma, nei fatti, l’Ue sembra concentrarsi più sull’applicazione delle sanzioni già in vigore. Ed evitare che vengano aggirate. Ed è ecco quindi che torna all’ordine del giorno la Cina. Anche in vista del vertice Ue-Cina in programma per il primo aprile.
L’embargo sull’energia russa sarà indolore per l’Unione europea solo quando questa potrà vantare la propria indipendenza energetica da Mosca. Fare a meno quindi del 40% di importazioni di gas; il 27% di petrolio e oltre il 45% di carbone. E su questo Usa e Ue collaboreranno. In particolare con la fornitura di Gnl, gas naturale liquefatto, americano all’Europa. L’obiettivo di Bruxelles è tagliare di due terzi la dipendenza russa già entro l’anno. Intanto pero’ deve tagliare anche i prezzi attuali dell’energia. Per evitare di trovarsi a fronteggiare, oltre alla guerra, anche una rivolta sociale.