Pescara. “Quando si hanno dei dati di follow up così importanti si può parlare di guarigione”. Franco Locatelli, direttore del dipartimento di Onco-Ematologia e Terapia Cellulare e Genica dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma, così commenta all’Ansa i dati della sperimentazione pubblicati oggi sul New England Journal of Medicine che hanno mostrato l’efficacia di un approccio di terapia genica contro la beta talassemia. Il Bambin Gesù ha contribuito in maniera consistente alla sperimentazione, trattando un terzo dei pazienti arruolati.
Locatelli è il primo firmatario dello studio, “che ha documentato come la terapia genica, intesa come addizione di più copie sane del gene ammalato, sia stata in grado di determinare l’indipendenza trasfusionale nel 90% dei soggetti trattati”, spiega.
“Il trattamento è stato inoltre in grado di determinare il raggiungimento di valori di emoglobina molto consistenti in una percentuale elevata dei pazienti che hanno ottenuto l’indipendenza trasfusionale. Questo risultato è persistente nel tempo”.
Il Bambin Gesù ha contribuito in maniera consistente alla sperimentazione, trattando un terzo dei pazienti arruolati: “il primo era un ventitreenne pugliese, poi ne sono venuti altri sei” ricorda Locatelli.
Attualmente la terapia oggetto dello studio (betibeglogene autotemcel) è approvata dall’Ema per le persone dai 12 anni in su con una specifica caratteristica genetica (genotipo non-beta0/beta0) che hanno bisogno di trasfusioni e non abbiano condizioni incompatibili con il trapianto (per esempio problemi cardiaci o epatici). Lo studio ha però mostrato ottimi risultati anche nei bambini con meno di 12 anni: “è quindi prevedibile che le agenzie regolatorie estendano le indicazioni anche ai bambini più piccoli”, dice ancora Locatelli. L’accesso al farmaco, tuttavia, al momento complicato da disaccordi sul prezzo di rimborso tra l’azienda che ha sviluppato il prodotto e le agenzie del farmaco europee.
La terapia genica, tuttavia, non è l’unica terapia avanzata potenzialmente risolutiva della talassemia beta: “Abbiamo sviluppato un approccio basato sull’editing del genoma, attraverso cui viene riattivata la sintesi dell’emoglobina fetale”, conclude Locatelli.
“Anche con questa strategia abbiamo ottenuto risultati importantissimi: tuti i pazienti trattati hanno smesso di ricevere supporto trasfusionale”.