Pescara. Il terremoto non ha avuto, con grandissima probabilità, alcuna incidenza sulla tragedia dell’Hotel Rigopiano, accaduta il 18 gennaio 2017: questi fenomeni producono sovraccarichi sul manto nevoso preesistente equivalenti solo a pochi centimetri di neve fresca. La valanga che ha travolto il resort di Farindola (Pescara) causando la morte di 29 persone è stata dovuta essenzialmente alla fitta nevicata, tre metri, caduta nelle 72 ore precedenti.
A stabilirlo è uno studio realizzato dal professore Nicola Pugno, dell’Università degli Studi di Trento, esperto della meccanica della frattura, che sarà pubblicato nelle prossime ore sulla rivista Matter, della casa editrice Cell Press. Il docente Pugno insieme al professore Giorgio Rosatti, dello stesso ateneo, esperto di dinamica delle valanghe, ha ricevuto l’incarico quale perito di parte da Studio3A-Valore S.p.A., società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e tutela dei diritti dei cittadini, che assiste, unitamente all’avvocato Andrea Piccoli, del foro di Treviso, il superstite simbolo di quel dramma, il pasticciere di Monterotondo (Roma), Giampaolo Matrone, oltre alla figlioletta Gaia, di 10 anni.
L’esperto Nicola Pugno conclude che ad oggi non vi è alcuna evidenza di un ruolo del terremoto sul distacco della valanga, confutando la tesi opposta sostenuta da alcuni professori dell’Università D’Annunzio di Chieti-Pescara, consulenti tecnici degli imputati, secondo cui i terremoti avrebbero invece rivestito un ruolo dirimente. Gli autori di quest’ultimo studio, assumendo che il terremoto sia come concomitante al distacco della valanga, calcolano l’altezza di neve che congiuntamente al sovraccarico del terremoto provocherebbe il distacco della valanga e assumono questo scenario arbitrario come quello accaduto. Il prof. Pugno dimostra che “il loro ragionamento porta all’assurdo che ogni terremoto (o anche ogni minima vibrazione) risulterebbe causa di distacco di una valanga successiva, anche di anni”. Oltre all’assenza di evidenza scientifica di correlazione terremoto-valanga di Rigopiano, altri quattro sono i punti chiave dello studio del docente trentino. Intanto secondo lo studio è improbabile che il terremoto abbia avuto un ruolo nel distacco della valanga, poiché esso avrebbe dovuto generare una fessura sufficientemente lunga, ma che non si è propagata durante il terremoto stesso (lo ha fatto solo in seguito). Questo è improbabile poiché la fessura causata da un terremoto è, secondo la consolidata meccanica della frattura (Griffith, 1921), di tipo instabile ovvero, se si innesca, non si può più arrestare. Inoltre non essendo disponibili dati certi sulle proprietà meccaniche (e gli spessori) della neve, il ruolo del terremoto sul distacco della valanga non può essere, con assoluta certezza, né provato né escluso. Si è poi dimostrato che questi terremoti hanno prodotto dei sovraccarichi sul manto nevoso preesistente che, espressi in termini di spessore, sono equivalenti solo a pochi centimetri di neve fresca. Dato che nelle ultime 72 ore antecedenti la valanga ne sono caduti circa tre metri nella zona del distacco, risulta evidente come l’effetto di tali terremoti sia stato – a prescindere da ogni altra considerazione – trascurabile rispetto a quello, peraltro prevedibilissimo, anche perché in atto, della nevicata. Infine, si legge nello studio, anche assumendo, inverosimilmente, che il sovraccarico di uno di questi terremoti abbia innescato la valanga (il che significa, alla luce di quanto detto sopra, che la valanga si sarebbe innescata con un sovraccarico equivalente di pochi centimetri di neve), questa si sarebbe probabilmente comunque distaccata nelle seguenti due ore anche in assenza di terremoto, rispetto all’ora in cui si distaccò quel giorno, durante le quali sono infatti scesi altri circa dieci centimetri di neve fresca.