L’Aquila. Un centro storico blindato da poliziotti in tenuta antisommossa e un centinaio di manifestanti in protesta: questi i volti appariscenti di una turbolenta giornata. E poi qualche scontro e tafferuglio. Quattro feriti nel parapiglia, tra cui una poliziotta, dopo i tentativi dei manifestanti di forzare il cordone. Due o tre fumogeni presso Palazzo Fibbioni e una leggera carica delle forze dell’ordine annullano il primo incontro. E poi le uova, ed i sampietrini. Intanto Matteo Renzi, attraverso una porta laterale, raggiungeva l’aula del GSSI, atteso da una folla di politici locali, rappresentanti sindacali e d’impresa. “La tua visita a L’Aquila, dopo esserti mosso in lungo e largo, rappresenta per la città uno straordinario dono” è il commento a caldo di un soddisfatto Luciano D’Alfonso. I fondi per la ricostruzione post sisma ed i contributi del 2011 che le imprese locali, dopo un’infrazione legislativa del precedente governo, dovrebbero restituire all’Europa sono state tra le questioni spinose affrontate nell’ intervento del premier. Sei miliardi disponibili per città e cratere e tante rassicurazioni da parte sua: i fatti si vedranno nell’arco di un anno, quando il Presidente del Consiglio tornerà in visita all’Aquila. Ma chi erano invece quei manifestanti davanti al cordone di polizia? Aquilani? Ben pochi in realtà, forse complice la tardiva ufficializzazione della venuta del premier. Erano soprattutto famiglie e ragazzi in protesta contro il sì del governo ad Ombrina Mare ed al metanodotto Snam, contro la costruzione di PowerCrop e della centrale a biomasse di Bazzano, rappresentanti di associazioni studentesche in difesa della scuola pubblica. Al grido di “Renzi, fuori dall’Abruzzo”, chiedevano di poter partecipare. Intanto nella baraonda, un gruppo di persone (non più di dieci) lancia qualcosa: la polizia carica e respinge tutti i manifestanti, non senza qualche manganellata. Ma il vandalismo non trova terreno fertile: “Ci dissociamo da ogni forma violenta che è stata attuata. (…) Noi non protestiamo in questo modo: è una protesta pacifica” puntualizza prontamente il coordinatore di “UDS L’Aquila” William Giordano. I contestatori non ottengono risposta, di Matteo Renzi non c’è traccia. “Esprimere il proprio dissenso è legittimo, ma noi siamo venuti a L’Aquila per un incontro istituzionale alla cui base c’erano tutta una serie di problematiche connesse alla ricostruzione della città devastata dal sisma del 6 aprile 2009.” si giustificherà il Presidente. La situazione si stabilizza e arrivano le diciannove e trenta. Poi passa la voce: “Renzi se n’è andato mezz’ora fa”, di nuovo dalla porta laterale. Il summit e la protesta, gli abruzzesi ed il premier, vicini di casa senza conoscersi. Diego Renzi