L’Aquila. Anche se la paura del contagio resta alta, crolla decisamente la percentuale di italiani che si sente “ingaggiata” nella lotta contro il virus SarsCov2: a ridosso delle prossime riaperture, proprio questo fattore psicologico potrebbe inficiare la capacità degli italiani di mantenere alta l’attenzione sulla prevenzione dei contagi.
È questo quanto emerge da una nuova indagine dell’EngageMinds HUB dell’Università Cattolica-campus di Cremona, centro di ricerca in psicologia dei consumi e della salute dell’Università Cattolica che da febbraio 2020, e coinvolgendo oltre cinquemila persone, sta conducendo un vero e proprio monitor continuativo sull’impatto psicologico di Covid-19 sulla popolazione italiana. In un anno, tra marzo 2020 e marzo 2021, la percentuale di italiani che si sente “ingaggiata” nella lotta contro il virus è crollata dal 26% al 6% e, parallelamente, le persone che si sentono impotenti ed incapaci di prevenire rischi di salute sono più che raddoppiate (dal 12% al 29%).
Una situazione “così preoccupante non si può facilmente imputare a noncuranza o a indifferenza rispetto a Covid-19, perché nel contempo gli italiani che si sentono a forte rischio di contagio sono incrementati dal 30% al 47%”, ribadisce Guendalina Graffigna, direttore dell’EngageMinds Hub, “il problema sta piuttosto nel senso di inefficacia personale, di perdita di senso circa alcune misure preventive e del venir meno di un’alleanza con le istituzioni. Insomma, una sorta di “confusione” comportamentale che in alcuni casi porta a delegare le azioni di prevenzione della salute”.
Per molti mesi “la sola strategia di contenimento dei contagi è stata quella comportamentale”, spiega Graffigna in conclusione, “a tutti i cittadini sono stati richiesti cambiamenti importanti nel loro modo di vivere e di comportarsi. E dunque il coinvolgimento attivo delle persone nella lotta alla pandemia è da sempre stato visto e appellato come fondamentale. Purtroppo però vediamo che nel tempo le persone, anziché rafforzarsi in questo ruolo attivo, hanno aumentato il senso di fatalismo e la delega al sistema”. Questo, rileva, “attiva una spirale negativa di pessimismo, frustrazione ed inefficacia nei comportamenti preventivi”.