L’Italia sta scegliendo di convivere con il virus. Ma non lo fa volontariamente, bensì senza rendersene conto. Le misure di contenimento, con i colori delle regioni e con divieti, chiusure e coprifuoco, non fanno abbassare la curva dei contagi e dei morti. A differenza degli altri Paesi europei dove la curva sta scendendo in questi giorni e dove le restrizioni non sono così severe rispetto a quelle italiane.
Ma in Italia, anche dove le regioni sono in zone rosse, i contagi non si fermano, non rallentano, le morti aumentano e non si riesce neanche a fare tracciamento sul territorio.
Le misure non funzionano più. Ormai da mesi. O per lo meno funzionano poco. Tanto per farci sopravvivere, o meglio, per farci morire di agonia.
Il virus sopravvive in modo subdolo, continuando a fare morti e a uccidere il sistema economico. La seconda fase, ripartita a ottobre, ha fatto registrare oltre 50mila. La terza non si arresta. Ma ci si è quasi assuefatti. L’opinione pubblica sembra rassegnata a convivere con questa mortalità.
Eppure le misure di contenimento ci sono, limitazione della mobilità, chiusura delle attività commerciali, divieti, coprifuoco, scuole chiuse. Restrizioni importanti. E addirittura si chiede in continuazione di allentarle tanto sono stringenti.
E allora perché solo in Italia i contagi non scendono?
Eppure è ormai chiaro a tutti che la convivenza con il virus e con i decessi è una strategia perdente sia dal punto di vista sanitario, sia da quello economico. In Italia abbiamo una strategia basata su una serie di indicatori che vengono calcolati settimanalmente e che portano all’attribuzione dei colori. E poi via con i divieti.
Ma alla fine non cambia niente. Il risultato è semplicemente quello di impedire al virus di fare una strage. Certo, non è poco, però non basta. E soprattutto non funziona come altrove.
Perché?
Il vero problema non sono le regole, ma il mancato rispetto di queste regole.
Si sa, e non è un luogo comune, l’italiano non è tanto incline alla disciplina e al rispetto delle regole. Ha altre caratteristiche, ma non di certo quello della disciplina. Basti pensare che larga parte della popolazione interpreta il colore giallo di una regione, che implica restrizioni importanti, come una sorta di “liberi tutti”, affollandosi in modo pericoloso sia all’aperto sia in bar e ristoranti. Spostandosi tranquillamente a tutte le ore senza una motivazione importante autocertificata. E questo accade addirittura nelle zone in fascia arancioni. Spesso, incredibile ma vero, anche nelle zone rosse.
Gran parte della popolazione italiana fa quello che vuole quando vuole, E solo una parte insignificante rischia una multa o una denuncia. Mentre solo una piccolissima porzione di popolazione rispetta esattamente le regole. Ma lo sforzo di quella parte rispettosa è vano ai fini del contenimento del virus.
E’ inutile dettare regole precise, studiate scientificamente e calibrate per ottenere un determinato risultato, e poi rispettarne solo una parte oppure lasciar correre.
La verità è che mancano i controlli. Oppure non funzionano.
Non si può sperare sul senso di responsabilità dell’italiano, quindi l’unica soluzione è fare in modo che le regole vadano rispettate. L’unico modo è il lockdown, che rendono i controlli molto semplici, oppure rendere efficiente la macchina delle forze dell’ordine affinché facciano rispettare le regole di distanziamento e di mobilità. Si tratta ovviamente di una responsabilità politica e non delle forze dell’ordine che probabilmente seguono indicazioni o non sono in grado da un punto di vista organizzativo di far fronte alla situazione. Una bella responsabilità della politica.
Perché ne va del futuro di tante famiglie e di tante aziende, ne va della vita di tante persone.