Roma. Una persona su due ha atteggiamenti che richiamano a stereotipi e pregiudizi legati all’età, con “un impatto sulla salute fisica e mentale delle persone anziane” e anche con “costi per tutta la società
pari a miliardi di dollari ogni anno”. E la pandemia ha solamente peggiorato la situazione. A mettere in guardia nei confronti del cosiddetto ‘ageismo’ sono i dati di un sondaggio su 83.034 persone in 57 paesi contenuti in un nuovo rapporto delle Nazioni Unite che chiedono “un’azione urgente per combattere questo insidioso flagello per la società”.
“Mentre i paesi cercano di riprendersi dalla pandemia, non possiamo lasciare che stereotipi, pregiudizi e discriminazioni basati sull’età limitino le opportunità per garantire la salute e la dignità delle persone”, ha dichiarato il dottor Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della sanità (Oms).
L’ageismo è penetrato in molte istituzioni e settori della società, compresi quelli che forniscono assistenza sanitaria e sociale, sul posto di lavoro, nei media e nel sistema legale. Il razionamento sanitario basato esclusivamente sull’età è molto diffuso, sottolinea il rapporto. Una revisione sistematica nel 2020 ha mostrato, infatti, che nell’85% di 149 studi, l’età ha determinato chi ha ricevuto determinate cure o trattamenti medici.
“L’ageismo è prevalente, non riconosciuto, incontrastato e ha conseguenze di vasta portata per le nostre economie e società”, ha sottolineato Maria Francesca Spatolisano, segretario generale aggiunto del Dipartimento delle Nazioni Unite per gli affari economici e sociali.
L’ageismo pesa anche e soprattutto a livello psicologico. Si stima che all’incirca 6,3 milioni di casi di depressione a livello globale siano attribuibili all’età. E tutto questo ha anche un costo di miliardi di dollari sulle nostre società. Ad esempio, solo negli Stati Uniti, uno studio del 2020 ha mostrato che ha portato a costi annuali in eccesso di 63 miliardi di dollari. Questo fenomeno, osserva Michelle Bachelet, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani (Ohchr), “danneggia tutti, vecchi e giovani. Ma spesso, è così diffuso e accettato nei nostri atteggiamenti, nelle politiche, nelle leggi e nelle istituzioni che non riconosciamo nemmeno il suo effetto dannoso sulla nostra dignità e sui nostri diritti”.
“La pandemia ha messo in netto rilievo le vulnerabilità delle persone anziane, in particolare quelle più emarginate, che spesso affrontano discriminazioni e barriere sovrapposte, perché sono povere, vivono con disabilità, sono donne che vivono sole o appartengono a gruppi minoritari”, sostiene
Natalia Kanem, direttore esecutivo del Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (Unfpa). “Facciamo di questa crisi”, afferma in conclusione, “un punto di svolta nel modo in cui vediamo, trattiamo e rispondiamo alle persone anziane”.