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Scuola, docenti di sostegno al ministro: “stop alle classi ghetto”

Francesca Lelli di Francesca Lelli
15 Marzo 2021
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Pescara. “Riteniamo grave quanto si sta verificando nelle nostre scuole e lesivo dei diritti in capo a ciascun alunno che, in quanto cittadino, ha il diritto di imparare a crescere e di apprendere insieme ai coetanei in contesti inclusivi aperti e non all’interno di ‘classi ghetto'”.

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Così si apre la lettera aperta al ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, e al ministro per le Disabilità, Erika Stefani, inviata dal Coordinamento Italiano Insegnanti di Sostegno, Uniti per l’Autismo, Autismo Abruzzo Onlus, Associazione Prader Willi Lombardia, A.S.S.I. Gulliver, Associazione Sindrome di Sotos Italia.

“A fronte di una normativa che prescrive la frequenza degli alunni con disabilità ‘nelle classi comuni'”, dicono le associazioni, “oggi assistiamo a un rincorrersi di indicazioni da parte di provvedimenti governativi e persino ministeriali, fino a quelli territoriali e delle singole istituzioni scolastiche, che rimandano a forme di organizzazione, peraltro definite inclusive, che reintroducono realtà cancellate dal nostro sistema scolastico da quasi 50 anni, che ricordano le abolite ‘classi differenziali'”.

Nella lettera le associazioni si appellano al ministro dell’Istruzione affinché “a fronte di accertate condizioni di sicurezza, peraltro possibili in contesti che accolgono pochi alunni, nel pieno rispetto delle regole antiCovid, si diano indicazioni univoche alle Istituzioni scolastiche italiane rispetto alla frequenza, per ciascuna classe, di un piccolo gruppo eterogeneo di alunni, fra cui anche l’alunno con disabilità, con la presenza, secondo il proprio orario, di tutti i docenti della classe, ovvero delle figure professionali coinvolte”.

“Ci chiediamo quale tipo di scuola si stia promuovendo, nel momento in cui, in netto contrasto con le stesse indicazioni pedagogico-culturali, si agisce per ‘etichette e acronimi’, indicando soluzioni che attestano la nostra incapacità di crescere, fra diversi, nello stesso contesto sociale e insistendo nel separare ‘i capaci dai meno capaci'”, concludono.

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