Bene ai test rapidi di ultima generazione come strumento per diagnosticare e monitorare i casi di infezione da SarsCoV2 in Italia, ma quando questi non siano disponibili è necessario trovare dei criteri che rendano i risultati affidabili in modo omogeneo e confrontabili. Lo rileva il matematico Giovanni Sebastiani, dell’Istituto per le Applicazioni del Calcolo ‘Mauro Picone’ del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr-Iac).
I test antigenici di terza generazione, ai quali fa riferimento il documento del ministero della Salute intitolato “Aggiornamento della definizione di caso COVID-19 e strategie di testing”, sono considerati affidabili quasi quanto il test molecolare in quanto alla frequenza di falsi positivi e falsi negativi. Di conseguenza diventa possibile diagnosticare un caso positivo tramite un test antigenico rapido di ultima generazione senza avere la conferma dal test molecolare, come si è fatto finora. “Il documento – osserva Sebastiani – prevede giustamente la tracciabilità di tutti i test nei sistemi informativi regionali, in qualsiasi laboratorio, pubblico o privato, vengano eseguiti”. Tuttavia, rileva l’esperto, lo stesso documento prevede che, se i test di nuova generazione o molecolari non fossero disponibili, si raccomanda il ricorso a test antigenici rapidi che abbiano una sensibilità maggiore o uguale all’80% e una specificità maggiore o uguale al 97%.
“Penso – osserva Sebastiani – che in quest’ultimo caso sarebbe stato opportuno sostituire ‘raccomandazione’ con ‘obbligo’. Inoltre, penso che in questi casi andrebbe prevista, per la diagnosi finale, la conferma successiva del risultato tramite test molecolare. Questo – dice l’esperto – è importante per la standardizzazione della diagnosi”. Il documento non specifica infine, conclude Sebastiani – se le soglie si riferiscono al valore medio o, come sarebbe meglio, al valore minimo di ciascuno dei due parametri considerati”.