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Coronavirus, cardiologi: preservare le reti dell’emergenza, molti reparti trasformati e più difficili le cure

Giuseppe Maritato di Giuseppe Maritato
9 Dicembre 2020
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Preservare le reti dell’emergenza cardiologica: questa una delle priorità indicate dai cardiologi per tutelare i pazienti più fragili, come quelli con patologie cardiovascolari, nel periodo di emergenza Covid, in una conferenza stampa virtuale di Foce, Confederazione degli oncologi, cardiologi ed ematologi.

“Nessuno -spiega il past president della Società italiana di cardiologia e segretario Foce Francesco Romeo- deve toccare la rete delle emergenza cardiologica per patologie come l’infarto. Questo purtroppo sta succedendo in molti centri Hub che sono contemporaneamente dei grossi ospedali dove c’è anche il centro Covid. La rete dell’emergenza cardiologica è stata o momentaneamente o definitivamente resa insufficiente, inefficiente. Poi ci sono pazienti, come quelli che ad esempio hanno fatto un’angioplastica, che hanno dei programmi di follow up a un mese, a tre mesi. Devono essere assolutamente eseguiti. Il paziente con scompenso non può permettersi sei mesi di assenza di follow up perché sappiamo che in questi casi la sorveglianza attenta e’ molto importante. Per non parlare dell’interventistica strutturale: in Italia oltre il 70% dei pazienti che trattiamo sono ad alto rischio, con un’aspettativa di vita molto breve. Se non li trattiamo, sono tutti pazienti che siamo destinati probabilmente a perdere”.

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“Molti reparti di cardiologia e numerose Unità di Terapia intensive cardiologiche- sintetizza il presidente della Società italiana di Cardiologia Ciro Indolfi, vicepresidente Foce- sono stati trasformati in reparti Covid e questo ha portato ad un’ulteriore difficoltà nella cura dei pazienti con enormi problemi per chi è colpito, per esempio, da un infarto, scompenso, aritmie, patologie tempo dipendenti. Con conseguenze inimmaginabili che ci riporteranno indietro di molti anni nella lotta alla prima causa di morte in Italia, con mortalità superiori rispetto ai 220mila decessi del 2019. Le reti della emergenza cardiologica devono essere preservate. Si può e si deve invertire questa spirale perversa”.

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