L’Aquila. L’ospedale San Salvatore dell’Aquila, la struttura più esposta alla impennata di contagi che da settimane sta interessando la provincia dell’Aquila, entra nella mappa delle strutture sanitarie italiane che hanno utilizzato la terapia con plasma iperimmune nella lotta al Covid-19.
Per la prima volta dall’inizio della pandemia, una paziente ricoverata nel nosocomio del capoluogo, in seguito alla positività al virus e allo sviluppo di una grave forma di polmonite bilaterale interstiziale, è stata sottoposta a trasfusione con plasma iperimmune ed ora le sue condizioni sono miglioriate. È accaduto nel reparto di Medicina Covid 2, coordinato da Mariapia Iovenitti. “La paziente interessata dal trattamento è affetta da una concomitante patologia autoimmune”, ha spiegato Iovenitti, “la sua malattia viene trattata con dei farmaci che bloccano la produzione di anticorpi e per questo motivo la paziente non è in grado di sviluppare autonomamente una risposta anticorpale capace di combattere la riproduzione del virus e impedire le conseguenze più gravi”.
La terapia prevede il prelievo di plasma, la parte liquida del sangue, da persone guarite da Covid-19, che hanno quindi sviluppato una forte risposta immunitaria, e la sua successiva trasfusione inpazienti affetti da malattia da Covid-19 in forma severa. La prima somministrazione di plasma iperimmune nell’ospedale dell’Aquila è stata resa possibile dalla stretta sinergia tra i medici della Medicina Covid 2 impegnati i in prima linea nelle cure contro il virus, e la Medicina Trasfusionale del San Salvatore, diretta da Anna Rughetti, che ha iniziato da qualche tempo la raccolta di plasma iperimmune nei pazienti guariti dal Covid-19. La Medicina Trasfusionale sta operando al fine di creare una banca di plasma iperimmune, che possa essere utilizzato nella cura delle forme più gravi di malattia. La notizia della prima somministrazione di plasma iperimmune al San Salvatore è anche un invito alla numerosa popolazione aquilana guarita dal Covid-19 a donare il plasma iperimmune.
“Sono idonee a donare tutte le persone che hanno superato con successo la malattia, nel cui sangue, in seguito ad esame sierologico, risultassero presenti anticorpi neutralizzanti”, conclude la nota.