L’Aquila. Nel 1888 il Duomo dell’Aquila fu arricchito con una pala del pittore abruzzese Teofilo Patini, che raffigurava San Carlo Borromeo in quattro tra gli appestati nell’altare del braccio sinistro del transetto: la riapertura della cattedrale, a seguito degli interventi di restauro, era avvenuta nel giugno del 1887.
Il dipinto rappresenta la prima opera pubblica a carattere religioso che fu commissionata al pittore abruzzese.
Altre opere conosciute a tema sacro, commissionategli nell’ultimo periodo, sono presenti a Corfinio, Pratola Peligna (Sant’Antonio da Padova, 1898), Calascio.
Teofilo Patini nacque a Castel di Sangro il 15 maggio 1840, presentò il suo primo lavoro nel 1863 all’Esposizione di Napoli e partecipò ad altre importanti mostre a Firenze, Roma, Torino, Milano, Venezia, Parigi.
Tra le sue opere principali vanno ricordate: La Rivoluzione di Masaniello (1863); Nello studio di Salvator Rosa (1872); L’Erede (opera del 1880 inviata all’Esposizione nazionale di Milano del 1881) Vanga e Latte (1884); Bestie da soma (1886); Pancia e Cuore; San Carlo Borromeo tra gli appestati (1888); Le Orfanelle (1894); L’aquila (1882); Pulsazioni e Palpiti; Prima equitazione; Mater Dolorosa; Crocifisso (1896-1897); Cristo nell’Orto.
Il pittore morì prematuramente a Napoli il 16 novembre 1906.
Nell’opera in oggetto, è rappresentata la ieratica figura di San Carlo Borromeo durante la peste di Milano, che, senza temere il contagio, presta il soccorso spirituale e implora protezione con le braccia protese in segno di paterna pietà e umiltà, con gli occhi rivolti al cielo per far placare la collera divina; opera che ricorda la drammaticità di alcuni bozzetti di Mattia Preti.
Il San Carlo del Patini rappresenta la consolazione e la speranza. È andata distrutta nel sisma del 2009 a seguito del crollo del tetto del duomo in corrispondenza del transetto.
L’importanza dell’opera, commissionata dal priore della confraternita, testimonia l’operosità della comunità milanese nella città dell’Aquila, che possedeva un altare realizzato nella prima metà dell’Ottocento.
Significativa fu infatti l’attività delle confraternite che si avvalevano della musica nelle pratiche devozionali: in occasione delle feste religiose e manifestazioni civili, le prestazioni delle bande musicali erano molto richieste.
Si trattava di una tela monumentale dalle notevoli dimensioni i cui frammenti sono stati recuperati dopo il sisma, insieme all’urna contenente le spoglie di San Vittorino martire.
Dal periodico religioso, scientifico e letterario di Aquila degli Abruzzi “Palestra Aternina”, possiamo rintracciare alcune notizie sulla famosa tela e sulla banda musicale cittadina, probabilmente diretta dal Maestro Francesco Cesarini, già presente nella formazione militare del 43° Reggimento Fanteria; egli si occupò della formazione musicale di giovani aquilani dal 1862 e diede grande impulso alla formazione della “Banda dell’Aquila” dirigendola per molto tempo. Importante per la cultura musicale fu il teatro che, non di rado, poteva veder protagonisti gli stessi elementi dei concerti presenti in città.
“Il giorno 4 novembre, festa di San Carlo Borromeo, nella cappella appartenente alla congregazione dei milanesi nella nostra cattedrale, fu scoperto il quadro del cavalier Teofilo Patini, rappresentante quel santo ed eroico arcivescovo nella famosa peste di Milano. (…) Sua Eccellenza R.ma Monsignor Arcivescovo, dopo aver celebrata la messa, lesse il magnifico discorso (…) Vi assisteva un pubblico numeroso e scelto e la banda cittadina suonò negli intermezzi con molta maestria. Il Patini può ben chiamarsi lieto di aver avuto nell’illustre oratore un interprete autorevole e felice dell’opera sua, la quale, insieme con i quadri del Brugnoli, aggiungerà decoro e attrattiva alla nostra Chiesa metropolitana”.
L’arcivescovo Augusto Antonio Vicentini (1829-1892), nel suo discorso per la collocazione del quadro del San Carlo Borromeo, descrisse l’opera del Patini che andava ad aggiungersi ai quattro quadri nella volta del pittore umbro Annibale Brugnoli (1843-1915), che rappresentavano i quattro protettori della Città.
“(…) La scena non può essere più straziante, terribile e commovente. È una di quelle che ricorda la peste di Milano del 1576, detta ancora in quella città, la peste di S. Carlo! (…)
Un chierichetto dall’aria semplice e ingenua tura le nari per non sentire il fetore che esala da quel putrido carcame. In fondo alla scena t’accorgi di membra umane, cenci, capigliature ed avanzi di suppellettili gettate alle fiamme che spandono un denso fumo che annera l’aere e lo ammorba. È in mezzo a questo spettacolo che la processione si avanza. Un antico trittico, palladio di fede e di popolari tradizioni, levasi trionfale in mezzo al corteo: una nera croce, simbolo eterno di redenzione e di amore aggiunge un’aria di mistero alla scena pel volto del Crocifisso velato di cinereo drappo, quasi a mostrare che la giustizia non lascia veder quel sembiante che nei supremi momenti è sempre messaggero di misericordia e di amore. Sconforto anche questo, che è per tutti incitamento maggiore a pietà e penitenza. E la vedi infatti in due frati che col cereo in mano e il cappuccio calato sul fronte mormorano preghiere e salmeggiano: la vedi in due prelati che stanno a fianco del Pastore facendosi coraggio per non mancare al dovere di seguirlo. Tutto dunque rivela il contrasto del terrore e della pietà, della prostrazione e della fiducia, dello spavento e della tenerezza naturale (…)”.
Si fornisce la bibliografia consultata dall’esperto di storia locale e studioso del fenomeno bandistico, Alessandro Morelli.
Vicentini Augusto Antonino, Discorso. Per l’inaugurazione del quadro di S. Carlo Borromeo nel Duomo di Aquila, in “La Palestra Aternina”, a. VI, novembre (1888), pp. 385-393.
Lo scoprimento del S. Carlo di T. Patini nella Cattedrale di Aquila, in “La Palestra Aternina”, a. VI, novembre (1888), pp. 399-400.
Farias F. – Sanvitale F., Le bande musicali in Abruzzo 1783-1984, Roma, 1984.
Bernardi Quirino, Toponomastica storica di Aquila, Sulmona, 1961.