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Coronavirus: letalità, ricoveri e tamponi. Regioni divise

Giulia Antenucci di Giulia Antenucci
24 Giugno 2020
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Dalle ospedalizzazioni al numero di tamponi effettuati, fino alla letalità, che ha toccato il 18% in Lombardia e il 10% in Veneto: l’emergenza Covid ha evidenziato le diverse performance delle regioni e “di conseguenza i cittadini non hanno potuto avere le stesse garanzie di cura”. A metterlo in luce sono i dati del nuovo Rapporto Osservasalute, curato dall’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane, che opera nell’ambito di Vihtaly, spin off dell’Università Cattolica di Roma. Tante differenze nella gestione dei contagiati tra le Regioni: il Veneto ha la quota più bassa di ospedalizzati e quella più alta di positivi posti in isolamento domiciliare. All’inizio della pandemia questa Regione aveva in isolamento a casa circa il 70% dei contagiati, nell’ultimo periodo oltre il 90%. Atteggiamento diverso della Lombardia e del Piemonte che hanno percentuali di ospedalizzazione tra il 50% e il 60% all’inizio della pandemia, per poi crescere e oscillare tra il 70 e l’80% nella prima metà di marzo. Quanto ai tamponi, il Veneto ne ha effettuati il numero più alto in rapporto alla popolazione, circa 50 ogni 100 mila abitanti all’inizio del periodo, fino a punte superiori a 400 agli inizi di giugno. La Puglia è la Regione con il numero minore, meno di 100 ogni 100 mila abitanti. Evidenti sono anche le differenze del tasso di letalità, che in Lombardia raggiunge il 18%, in Veneto un massimo del 10%; in EmiliaRomagna, Marche e Liguria, che sono le altre Regioni con la letalità più elevata, tra il 14-16%.

Tra le spiegazioni, la possibile sottostima del numero di contagiati, dovuto a carenze nel monitoraggio. L’epidemia di Covid-19 spiega il direttore scientifico dell’Osservatorio Alessandro Solipaca, “ha acceso i riflettori sulla fragilità dei Servizi Sanitari Regionali nel far fronte alle emergenze” e “ha dimostrato che il decentramento della sanità, oltre a mettere a rischio l’uguaglianza dei cittadini rispetto alla salute, non si è dimostrato efficace nel fronteggiare la pandemia”. L’assistenza territoriale “si è rivelata in molti casi inefficace, le strategie per il monitoraggio della crisi e dei contagi disomogenee, spesso imprecise e tardive nel comunicare le informazioni”. Da ciò emerge la “necessità di sostenere con maggiori risorse il ruolo del territorio che avrebbe potuto arginare, soprattutto nella fase iniziale della pandemia, la portata dell’emergenza evitando che si riversasse sulle strutture ospedaliere”.

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