Una nuova oncologia nell’era post Covid, con le cure erogate anche fuori dall’ospedale grazie all”oncologo di famiglia’ e all’assistenza da casa. Un cambiamento di rotta, con il potenziamento dei servizi territoriali e della telemedicina, che entro meno di 2 anni si stima potrà ridurre di un
terzo visite e controlli inappropriati o inutili negli ospedali.
La proposta arriva in occasione del webinar ‘Covid19 il paziente oncologico: le sfide assistenziali che ci attendono’, organizzato da Fondazione Aiom (Associazione italiana di oncologia medica) con il contributo non condizionante di Amgen. L’emergenza Covid ha costretto i medici a rinviare visite, terapie e interventi non urgenti, ma ha anche dimostrato che i pazienti si possono assistere in un altro modo, non per forza in corsia, con meno visite ed esami e più attenzione alla persona e alla sua qualità di vita. Da qui la proposte degli esperti di creare una nuova figura: l’oncologo di famiglia, che visiterà in ambulatorio o negli studi dei medici di medicina generale già esistenti sul territorio e potrà somministrare farmaci oncologici orali che ad oggi sono distribuiti solo attraverso le farmacie
ospedaliere. Il ruolo potrà essere ricoperto da specialisti assunti o da specializzandi in oncologia, inserendo gli ambulatori territoriali nelle reti formative delle scuole di specializzazione. Sono oltre 3,5 milioni gli italiani con una diagnosi di tumore e circa 1,2 milioni sono in cura attiva. Proprio lo sviluppo dei servizi digitali in questi tre mesi per gestire numerose attività quotidiane, rilevano gli oncologi, ha consentito a molti pazienti di imparare ad utilizzare le nuove tecnologie e la telemedicina potrebbe finalmente diventare una regola, non più l’eccezione.
“In base agli ultimi dati”, ha spiegato Stefania Gori, presidente di Fondazione Aiom, “sono state circa
30mila in meno le diagnosi di tumore in 3 mesi di allarme Covid e oltre 300 mila i pazienti che devono
recuperare controlli, terapie e interventi non urgenti nell’arco del prossimo anno. Va quindi innanzitutto colmato questo gap per tornare a garantire la sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi, la riduzione di mortalità per cancro e la diagnosi precoce. Contemporaneamente andranno gettate le basi per la nuova oncologia post Covid, assicurando ai pazienti percorsi protetti per ridurre al minimo i rischi di contagio. Ma proprio potenziando il territorio e la telemedicina si riuscirebbe a ridurre del 30% l’accesso per visite e terapie negli ospedali dei pazienti con le principali patologie oncologiche: tumore alla mammella, alla prostata e al colon. L’esperienza Covid ci ha insegnato che possiamo reimpostare i protocolli di follow up e che è possibile eliminare esami diagnostici, talora eccessivi”.
Si calcola infatti che la spesa sanitaria per il follow up, pari a 400 milioni di euro, sia 10 volte superiore al necessario proprio per l’eccesso di esami prescritti. Le nuove dinamiche saranno inoltre utili anche a ridurre i viaggi dei pazienti che arrivano da lontano, soprattutto nelle fasce più deboli, grazie alla telemedicina. “I pazienti”, ha sottolineato Filippo De Braud, direttore del Dipartimento di Oncologia Medica all’Istituto Nazionale Tumori Milano, “a volte fanno viaggi di ore solo per farci vedere il
risultato di una TAC e degli esami del sangue alla luce dei quali si ritiene non sia utile visitarli: tutto questo può essere eseguito anche a distanza”.
“L’oncologia ancora oggi è solo ospedaliera”, ha concluso Pierfranco Conte, direttore di Oncologia Medica all’Istituto Oncologico Veneto, “invece è ora di portare gli oncologi sul territorio, negli ambulatori e negli studi medici, creando ex novo la figura dell’oncologo di famiglia con un programma di follow up stilato dallo specialista e l’applicazione di un modello personalizzato che migliorerà la cura e la qualità di vita dei pazienti”