L’Aquila. “I dati sull’epidemia di Covid-19 siano disponibili a tutti e non solo in forma parziale e aggregata. Solo se saranno resi pubblici anche i dati con tutte le informazioni di ogni singolo caso, sarà possibile capire quali fattori hanno favorito l’epidemia, quali hanno reso più suscettibili all’infezione le singole persone, e quali fattori organizzativi e terapeutici hanno condizionato l’evolversi della malattia”.
A chiederlo, in un appello, è stato l’epidemiologo Francesco Forastiere, direttore dell’unità di Epidemiologia della regione Lazio e della rivista Epidemologia e Prevenzione. “I dati sull’epidemia, raccolti dai Servizi Sanitari Regionali e trasmessi all’Istituto Superiore di Sanità, vengono resi pubblici attualmente solo in forma parziale ed aggregata. L’analisi epidemiologica di questi dati è però limitata e non soddisfa i bisogni informativi e di ricerca oggi esistenti. Occorrono i dati individuali ancora non disponibili. In particolare, bisogna garantire dati individuali e anonimi, che illustrino per ogni persona le caratteristiche rilevanti, come sesso, classe di età, data inizio sintomi, data di diagnosi, modalità di contagio, appartenenza ad un cluster epidemico, esito, comune e distretto sanitario di residenza e la tracciabilità negli archivi del Servizio Sanitario Nazionale. Senza questo, si rimane relegati ad una ricerca solo parziale e non condivisa, non trasparente, e che genera sospetto e contrarietà”.
“In altri paesi esistono già iniziative per garantire l’accesso rapido e semplice ai dati sulla epidemia, favorendo politiche basate sulle prove con trasparenza, e per l’Italia non è ancora troppo tardi”, ha concluso Forastiere.