L’Aquila. Ti accorgi di essere entrato nel vivo della campagna elettorale quando su giornali e web magazine inizia l’inevitabile balletto dei sondaggi con il conseguente strascico di commenti sulla loro attendibilità, serietà e ampia possibilità di interpretare i dati diffusi. Questa campagna elettorale non fa certo eccezione e nel bel mezzo del cammino ecco arrivare i primi grafici che mostrano l’andamento dei partiti e dei candidati alla competizione per la conquista della regione Abruzzo. Il sondaggio realizzato da Tecnè per queste elezioni regionali offre interessanti spunti di riflessione. Su mille intervistati il dato che maggiormente balza all’occhio è l’altissimo numero d’indecisi oppure orientati al non voto pari al 24%. Quanto ai partiti, o meglio alle coalizioni, siamo al risultato di pareggio, 26% per la sinistra e 26% per la destra, con un non trascurabile 20% per il movimento cinque stelle. I dati si riferiscono per il voto ai partiti sul totale degli intervistati. Cambia il dato percentuale nel caso di voto ai partiti sul totale delle dichiarazioni di voto: 34% per la sinistra e 34% per la destra con un 26% per M5S. Uno a uno dunque e palla al centro, potremmo dire. Invece no perché alla domanda su quanti e chi andrà a votare in questa tornata elettorale solo il 53% ha risposto che certamente si recherà alle urne, il 10% probabilmente andrà a votare, il 4% probabilmente non lo farà e il 14% sicuramente salterà il turno. A questo si aggiunge un altissimo 19% d’indecisi cioè di elettori che stanno a guardare i politici che promettono, che lanciano slogan in aria, sempre più in alto, con la speranza di conquistare consensi per quel territorio o per quella categoria di cittadini o di lavoratori. Cresce la disaffezione per la politica e per le competizioni elettorali, restano i problemi, aumenta la fuga dalle urne. E’ su questo dato che si devono concentrare i candidati prima ancora di crogiolarsi sull’alta percentuale che li vede vincenti nel loro quartier generale, nella loro città natale, nel luogo dove hanno amministrato o dove contano più amici pronti a dire evviva l’uno o evviva l’altro. Se confrontiamo l’astensionismo in Italia con quello degli altri paesi europei vediamo che la non partecipazione al voto pone gli italiani al primo posto, eppure non è sempre stato così. Disistima nei confronti delle forze politiche, ma anche come segnale d’indignazione morale nei confronti di un ceto politico che resiste ad ogni necessità di rinnovamento e di cambio della guardia, ecco allora che pur di non votare alcuni personaggi e dare il proprio consenso ad un’offerta politica che appare inadeguata ai tempi e alle necessità di crescita e di rinnovamento oggettivo della regione si preferisce disertare le urne. E’ sugli indecisi che si gioca la partita. La forza, quella vera, dei nostri candidati sta proprio nella dimostrazione di credibilità, nei fatti non negli slogan. Sarebbe davvero triste se alla fine l’astensione dovesse essere la vera vincitrice di questa tornata amministrativa, la vittoria dello sciopero del voto, che esprimerebbe in maniera inequivocabile la sfiducia degli elettori verso la politica, un attentato alla democrazia. Gianluca Rubeo