L’Aquila. “In questi ultimi due mesi abbiamo immagazzinato nella nostra testa fotografie di strade vuote, principalmente da un balcone, sparute solitudini a passeggio con i propri cani, saracinesche abbassate. Suoni come gli audio registrati dei vigili, rombi d’auto in lontananza. D’improvviso il mantra “io resto a casa” viene meno e c’imponiamo uno scatto di reni. Le immagini non riusciamo più a catalogarle. Certe scene ci appaiono inverosimili. Se vediamo persone in giro, ci sembra sempre che siano troppe e la prima domanda che ci facciamo è: ma quei due così vicini, saranno congiunti? Adesso ricominciamo a vivere e non lo facciamo con spensieratezza”. Esordisce così il primo cittadino aquilano Pierluigi Biondi in occasione della protesta dei ristoratori, nei confronti dei quali è voluto essere sodale.
“Dopo le massicce dosi di costrizione – prosegue Biondi – siamo inondati di massicce dosi di libertà sicura. Ma a queste non corrispondono le regole che sono imposte alle categorie commerciali. Eravamo abituati alla convivialità, eravamo abituati ad assieparci ai cancelli dello stadio per la partita, ad ammassarci per un concerto. Oggi, da una parte ci dicono che possiamo tornare a mangiare una pizza fuori, possiamo ricominciare a cenare con gli amici, e dall’altra ci inquietano con plexiglass, distanze. Quelle che ci ammazzeranno se non saremo bravi, con l’insegnamento ricevuto e patito, a leggere e applicare nel modo giusto”.
“Le proteste, sacrosante, dei nostri ristoratori sono un’altra fotografia: lo Stato che da una parte tende la mano e dall’altra – per far presto? Per eccesso di prudenza? – la ritrae. Uno Stato che ci chiede responsabilità, ma poi avoca a sé il modo in cui praticarla”.
“Combattiamo insieme la povertà, ma non la ricchezza, per estremizzare. Come a dire che bene il sostegno, ma non ce lo fate pagare salato questo conto. Ai nostri piccoli imprenditori in ripartenza dobbiamo offrire la libertà di strutturare un servizio di cui le persone sapranno valutare efficienza e sicurezza, la libertà di fare impresa senza essere schiacciati dalla burocrazia, la libertà di muoversi con intelligenza in regole per cui ciascuno di noi si fa responsabile controllore. Dal 18 maggio, non servono solo nuove regole per il contrasto, ma nuove regole verso la vita. L’etica della responsabilità deve superare la paura di cui rischiamo di diventare schiavi, alimentando i prodromi di una emergenza economica che già oggi ha confini mondiali e pochi eguali nella storia. E non farà distinzioni, neanche questa”.
“Mettiamo mano agli archivi della nostra testa: le foto silenziose appartengono al passato. Dovremo solo essere bravi a salvare noi stessi con quello che negli ultimi due mesi abbiamo imparato. Igiene, rispetto della distanza sociale. Non possiamo consentire che il virus, dopo aver ucciso le persone, uccida l’economia, la cultura, le città, le comunità. Non può consentirlo lo Stato, non possiamo consentirlo noi”, conclude il sindaco dell’Aquila.