L’Aquila. Particolato atmosferico e scarichi fognari: sono le due nuove ‘spie’ per individuare la diffusione del coronavirus, a livello locale, che potranno dare un’arma in più agli amministratori per adottare adeguate misure preventive prima dell’inizio di una nuova epidemia. I test condotti sia sull’inquinante dell’aria che sui reflui danno infatti speranza per poter controllare maggiormente il virus, dirigendo lo screening in modo mirato nelle zone più contagiate. La presenza del coronavirus è stata accertata in entrambi i casi.
“Si apre la possibilità di avere un indicatore per rilevare precocemente la ricomparsa del coronavirus e adottare adeguate misure preventive prima dell’inizio di una nuova epidemia”, spiega Alessandro Miani, presidente della Società Italiana di Medicina Ambientale (Sima), che ha condotto una ricerca sul particolato atmosferico ed il
coronavirus con le università di Trieste, Bari, Bologna e l’Ateneo di Napoli “Federico II”.
“Lo studio”, spiega Leoardo Setti, coordinatore del gruppo di ricerca, ha “dimostrato la presenza di Rna virale del SARS-CoV-2 sul particolato atmosferico rilevando la presenza di geni specifici, utilizzati come marcatori molecolari del virus, in due analisi genetiche”. In particolare le prime evidenze relative alla presenza del coronavirus sul
particolato”, spiega Setti , “provengono da analisi su 34 campioni di PM10 in aria ambiente di siti industriali
della provincia di Bergamo, raccolti dal 21 febbraio al 13 marzo”. Non è pero’ possibile parlare di una nuova
via di contagio attraverso il particolato.
Anche i test sugli scarichi fognari hanno dimostrato di essere potenzialmente utili nel controllo della diffusione del virus: chiamato “epidemiologia dei sistemi fognari”, il metodo, secondo quanto spiegato sulla rivista Science of the Total Environment, è “in grado di scoprire la presenza del virus (attraverso il rilevamento di tracce del genoma virale nell’acqua di scarico) anche se in un certo territorio è infettato solo un individuo su 114. Idealmente”, spiega l’autore del lavoro Rolf Halden della Arizona State University, “se l’acqua del servizio di fognatura in esame si mantiene molto fredda, l’analisi potrebbe individuare la presenza del virus anche se nella zona servita da quella fognatura ci fosse solo un individuo contagiato ogni 2 milioni di abitanti. Con questa metodologia, non è possibile identificare i singoli
casi di infezione, ma si può capire a che livelli un certo luogo (una città o un quartiere) è interessato
dall’epidemia. Con un dato di questo tipo”, spiega Halden,” si può dirigere lo screening diagnostico con i tamponi
in modo mirato e preferenziale nelle zone più contagiate. Si potrebbero analizzare 2 miliardi di individui
contemporaneamente, precisa Halden, studiando l’acqua delle fognature. “Per far ripartire l’economia devi
monitorare e controllare il virus in ogni paese nel suo insieme “, conclude Halden,”e farlo rapidamente e in modo low
cost. Il nostro approccio può permettere questo livello di monitoraggio”.