Chiudere immediatamente i wet market in Cina. La richiesta, proveniente da tutto il mondo, ormai non può essere più ignorata. L’emergenza sanitaria causata dal Coronavirus, partita proprio dal mercato di Wuhan dove, analogamente a numerosi altri sparsi per il paese, gli animali vengono macellati vivi, ha riportato all’attenzione l’annosa questione che, complice il dramma di questi giorni, è ormai di dominio pubblico internazionale.
Fra questi banchi la commistione batterica tra animali vivi e morti è altissima, vi sono gravissime lacune in termini di igiene e i controlli, eufemisticamente parlando, sono spesso approssimativi. L’ultimo appello, in ordine di tempo, arriva da Animal Equality, associazione internazionale che fa della tutela del mondo animale destinato al macello il proprio credo, che chiede alle Nazioni Unite di vietare i wet market come quello di Wuhan. “Le pandemie, quelle che uccidono l’uomo come la Sars, l’H1N1 o, appunto, il Coronavirus, partono da lì”.
La motivazione, dunque, a base di tale esternazione non è solo ed esclusivamente a base etica ma trova radici anche in studi scientifici cui ormai tutti fanno riferimento in termini di igiene e salute pubblica. Il rispetto e la morale, esattamente come l’obbligo di non arrecare sofferenze alle bestie destinate al macello, sono fattori totalmente dimenticati. Chi ha avuto la possibilità di visitarli ha descritto scene strazianti. Giusto per fare due esempi: strade piene di sangue, fresco e appestato da innumerevoli insetti e i lamenti lancinanti degli animali. E poi, carcasse ovunque.
Il nome, “Wet Market”, fa riferimento al concetto di “bagnato”, in (triste) omaggio al sangue che ivi scorre. In uno dei questi, quello di Wuhan, è nato il passaggio da specie a specie da cui è derivato il SARS-CoV-2, il virus che sta flagellando il mondo. “Gli animali sono stressati e immunodepressi ed espellono qualsiasi agente patogeno presente in loro – ha spiegato il prof Andrew Cunningham della Zoological Society di Londra. Con la presenza di un gran numero di persone al mercato che stanno a stretto contatto con i fluidi corporei di questi animali, si ha una combinazione ideale per l’insorgenza della malattia”.
Sono già 100 mila le firme raccolte. Come riportato dal Corriere della Sera, il dottore Ian Lipkin, esperto di malattie infettive, ha dichiarato: “Se prendi gli animali selvatici e li metti in un mercato con animali domestici o altri animali, dove c’è la possibilità per il virus di fare un salto di specie, stai creando una super autostrada per il passaggio dall’animale selvatico all’uomo. Non possiamo più farlo. Non possiamo più tollerarlo. I wet market devono essere chiusi per sempre”.
In Abruzzo sono numerose le istanze che fanno seguito a tale richiesta, presentate negli anni passati o in tempi più recenti. Una sensibilità sempre più crescente, quella rivolta al mondo animale, che non potrà più essere scarsamente attenzionata o trattata con superficialità.