L’Aquila. “Ora che siamo costretti a restare in casa, abbiamo il tempo per riflettere sulle condizioni drammatiche in cui vivono milioni di bambini? E voi, potenti del pianeta, immersi in questo mare in tempesta come i comuni mortali, potete fermarvi e pensare alle ragioni che vi inducono a bombardare e a distruggere intere città demolendo la dignità delle persone e secoli di cultura? E voi altri ancora che predicate la povertà riuscite a vedere i bambini con i piedi scalzi in mezzo alla neve oppure numerosi altri che muoiono di fame e a causa di malattie curabili? Ora che non siete così tanto distanti dalle persone normali e che probabilmente vi trovate a fare i conti con la disfunzione dell’anima, pensate a questo: la povertà può essere una malattia contagiosa e può non assumere il carattere della provvisorietà”, è la riflessione-provocazione del professor Francesco Barone, docente al dipartimento di scienze umane dell’università dell’Aquila, con all’attivo oltre cinquanta viaggi umanitari in Africa, portavoce del premio Nobel per la Pace 2018, Denis Mukwege, che ha denunciato la catastrofe umanitaria in Congo, con centinaia di migliaia di donne violentate, oltre quattro milioni di sfollati e sei milioni di morti.
“Questo inaspettato periodo è l’occasione per meditare sulla sofferenza derivante dalla povertà e dalla miseria, ma anche sulle virtù che ne derivano: semplicità, onestà e comprensione dei fatti della vita”, aggiunge il professore Francesco Barone.“È una condizione esistenziale in cui non prevale l’orgoglio né tantomeno l’opulenza. Contrariamente a quanto si possa pensare, questo stato di isolamento fisico non ci sta isolando, invece, ci sta consentendo di ritrovare comunità con noi stessi. E finalmente”, fa notare Francesco Barone, “ci permette di riconoscere i veri eroi di questo mondo moderno: in questa precisa occasione, i medici, gli infermieri, i lavoratori, le forze dell’ordine, i volontari, coloro che hanno sacrificato la loro vita per salvarne altre. Si sono spenti i riflettori sui miti e sulle ‘corse calcianti’, mentre intere famiglie hanno le ossa rotte. Si sono in parte spenti i riflettori su quelli che bisticciano per dividersi le Camere o per modificare le leggi, tanto poi, una volta cambiate, tutto rimane come prima. E ora che abbiamo ‘scoperto’ sulla nostra pelle il significato della distanza dagli altri, impariamo a farla valere quando essa risulta necessaria. Distanziandoci dai comportamenti basati su promesse mai mantenute e sulla teatralità di certe affermazioni che fungono da perenne cornice di un quadro il cui titolo è sempre lo stesso: a chi tanto e a chi niente. La consolazione a questa tragedia non può essere rinvenuta fuori da essa ma nella tragedia medesima. Da qui”, ragiona il professore Francesco Barone, “la comprensione della dimensione dell’uomo, attraverso il quale, si può ribadire che il criterio egualitario per una convivenza civile e pacifica, non sia solamente giusto ma anche e soprattutto necessario”.
“Forse è arrivato il momento adatto per ammettere e/o precisare che abbiamo bisogno di nuovi orientamenti in grado di restituirci rinnovati equilibri. In un mondo che cambia velocemente e che esige un modello di convivenza capace di rispettare e contenere differenze e specificità, divengono sempre più necessarie le parole accoglienza, accettazione, integrazione e rispetto. La crisi attuale ha tolto la maschera all’umanità, rivelando l’inizio di una sorta di processo erosivo che potrebbe non lasciare scampo a nessuno. Questo nostro dover rimanere in casa, potrebbe apparire come la continuazione della distruzione dei legami interpersonali. Non sarà così”, è sicuro Francesco Barone. “Le nostre case, invece, rappresenteranno le sponde, le rive, da cui ripartirà l’umanità. Tutti uniti attraverso un ponte che solitamente unisce ciò che naturalmente è separato. La nostra voglia di abbracciarci partirà dalle nostre case in un processo di solidarietà e di comprensione reciproca. La speranza è che tali ponti non si trasformino in ponti levatoi, per essere aperti o chiusi in funzione degli interessi di parte e del momento. Guardando al futuro, con la consapevolezza del presente, significa voler credere davvero al cambiamento, vedere con occhio critico ciò che è stato. Il ‘recupero del nostro futuro’ costituisce il recuperare noi stessi e prepararci al grande passo: recuperare il nostro avvenire. Purtroppo, troppo spesso perdiamo la memoria di ciò che accade, una trascuratezza che tende a nascondere se non addirittura a negare gli eventi. E invece”, conclude Francesco Barone, “sono certo che mai come questa volta, la memoria ci aiuterà ad esistere”.