Teramo. A tre anni dalla morte di Claudio e Mattia Marinelli, padre e figlio morti assiderati nel gennaio del 2017, il sentimento più forte per Liliana, moglie e madre delle due vittime, è la rabbia. “Perché non ci sono più, perché non li vedo, non li sento. In questi giorni, poi, è ancora più forte”. La tragedia di Claudio e Mattia, 56 e 22 anni, di Poggio Umbricchio di Crognaleto, morti dopo essere stati sorpresi da una tempesta di neve, è emblematica dell’apocalisse vissuta dall’Abruzzo in quei drammatici giorni, culminati con la slavina che causò 29 vittime a Rigopiano, un’apocalisse che portò con sé, in tutta la regione, altri quattordici morti.
Il 19 gennaio del 2017 la frazione di Poggio Umbricchio era sommersa dalla neve e ostaggio del black out che aveva disalimentato decine di migliaia di utenze. Claudio e i figli Mattia e Ivan erano usciti in auto per trovare la benzina necessaria ad alimentare il generatore di casa e comprare le medicine per Liliana. “Erano scesi dietro lo spazzaneve, che stava pulendo la strada”, ricorda Liliana, “spazzaneve che dopo non è passato più”. Tanto che al ritorno erano stati costretti a lasciare la macchina e incamminarsi a piedi. Ma erano stati sorpresi da una tormenta di neve. A dare l’allarme era stato l’altro figlio, Ivan, che era riuscito a proseguire e salvarsi mentre i corpi di Claudio e Mattia furono ritrovati senza vita il giorno dopo. Fu aperta un’inchiesta contro ignoti conclusa con l’archiviazione. “Secondo loro non c’era nessun colpevole”, dice Liliana, “per noi sono colpevoli tutte le persone che abbiamo chiamato quel giorno: Prefettura, carabinieri, vigili del fuoco, Protezione civile. E poi vi sembra normale che non ci fossero le turbine? Le turbine devono stare in montagna, non al mare. Forse se ci fossero state Claudio e Mattia sarebbero ancora qua”.