Vasto. L’incendio della terza vasca dell’impianto Civeta e la bocciatura da parte del Comitato VIA della quarta discarica proposta dal privato Cupello Ambiente sta evidenziando da un lato la confusione dei vari soggetti pubblici coinvolti e dall’altro i limiti strutturali dell’ARTA.
Per quanto riguarda le dichiarazioni, da un lato l’assessore Campitelli sostiene che l’esistenza di una capienza residua di 280.000 tonnellate presso la terza vasca oggi sequestrata, a fronte di un fabbisogno annuo del territorio di 30.000 tonnellate, metterebbe al riparo il territorio da qualsiasi emergenza. Dall’altro il presidente della Commissione Ambiente della Regione Marcovecchio, ex sindaco di Cupello, in un dibattito serale ha dichiarato testualmente che “Il piano regionale dei rifiuti non prevede una nuova discarica di servizio sul Civeta. Io dico che questo è il momento di comprendere se necessita o meno una nuova discarica di servizio a quel territorio ma tutto questo secondo me nell’ambito di un ripensamento di carattere generale sulla Governance del ciclo integrato dei rifiuti. Apriamo un dibattito veloce perché tra due anni la Regione Abruzzo, e non il vastese, potrebbe trovarsi di fronte ad un’emergenza rifiuti”.
Su quali dati, diversi evidentemente da quelli del suo assessore, il presidente Marcovecchio sostiene l’approssimarsi di una emergenza addirittura regionale? Ritiene, che la terza vasca del CIVETA non sia recuperabile considerate le frane e i continui incendi e debba essere sostituita? In tal caso, non conviene aspettare le risultanze delle perizie connesse all’inchiesta in corso? Inoltre, chi dovrebbe realizzare questa quarta discarica e dove, viste le motivazioni che hanno portato alla bocciatura del progetto della quarta vasca da parte del comitato VIA solo pochi giorni fa? Ha letto le motivazioni alla base della decisione del Comitato che sarebbero immediatamente applicabili anche al progetto di una nuova discarica nello stesso sito? Inoltre, possibile che si debba discutere negli ultimi anni solo su discariche o inceneritori, quando sono rispettivamente ultimi e penultimi nella graduatoria delle tecniche per la corretta gestione dei rifiuti fin dalla Direttiva UE del 2008?
Per quanto riguarda i primi dati diffusi dall’ARTA, abbiamo aspettato qualche giorno e la conferenza stampa di ieri per commentarli. Dalla lettura della prima relazione, in cui, a parte quella assai preoccupante del benzene sul sito della discarica in fiamme, mancano sia uno studio di modellistica sulla ricaduta degli inquinanti in modo tale da indirizzare al meglio i campionamenti sulla base dei parametri morfologici del terreno e meteorologici in quelle ore, sia le concentrazioni dei parametri ricercati (che pare siano riportati in una seconda relazione per ora non pubblicata), emerge che l’ARTA non ha campionato varie altre sostanze tra cui le polveri, uno dei parametri cardine della legge sulla qualità dell’aria (D.lgs.155/2010) e uno dei fattori più delicati per quanto riguarda l’impatto immediato sulla salute dell’esposizione nel brevissimo periodo come recentemente confermato da una ricerca pubblicata sul New England Journal of Medicine. Per ogni aumento di 10 microgrammi/mc di PM10 e PM2,5 si ha, il giorno dopo, un immediato aumento della mortalità nella popolazione. Tra l’altro bastava guardare le immagini (a parte vivere quei momenti) per capire che, a causa delle condizioni atmosferiche locali, i cittadini per ore hanno dovuto respirare una nube acre.
In assenza di dati disponibili su tale parametro fondamentale e considerate anche le immagini inequivocabili, sono state del tutto fuori luogo nei primi giorni le parole tranquillizzanti nei confronti della popolazione.
Invece di parlare di inutile allarmismo dovremmo parlare di inutile qualunquismo. Invece di fare affermazioni senza solide basi, si provveda a potenziare l’ARTA delle strumentazioni e del personale adeguati semplicemente per fare quello che fanno altre agenzie in Italia in queste occasioni (ad esempio, qui il report dell’ARPA Lazio sulla ricerca di polveri negli incendi registrati tra il 2014 e il 2017).
In generale riteniamo che bisogna uscire quanto prima dall’ossessione delle discariche assicurando la riduzione della produzione dei rifiuti, il riutilizzo degli oggetti e dei materiali e il riciclo.