“L’Aquila. E con questo siamo al sesto Natale dopo il terremoto del 2009. Sei anni sono trascorsi da quella scossa che ha cambiato la storia della città, deviato il suo cammino: quella scossa che ha segnato un passaggio violento, secco, assordante, dalla vita alla morte, che ha mietuto 309 vittime sepolte dalle macerie. Una notte che rimarrà nella memoria degli aquilani, una notte che è stata lunga e tormentata ma che non può durare in eterno e che al sesto Natale lascia intravedere le prime luci dell’alba. Di un alba che porta a un nuovo giorno, a nuova vita, e che dà speranza.
Rialzarsi e riprendere il cammino è ciò che si è fatto in questi anni, è ciò che hanno sempre voluto fare gli aquilani, dai primissimi momenti successivi al sisma, a quelli dell’immane tragedia, dei feriti e dei soccorsi, degli sfollati e delle tendopoli. Rialzarsi e camminare su nuovi sentieri, verso luoghi inesplorati, perché quel terremoto ha smosso animi e coscienze. Solo quando perdiamo tutto ci accorgiamo del valore di quanto avevamo. Solo quando perdiamo tutto, forse per istinto di sopravvivenza, forse per violenta voglia di vivere, tiriamo fuori il meglio di noi stessi.
Tra i cantieri e le impalcature si intravedono le prime luci della nuova città: edifici storici come Palazzo Camponeschi e chiese come San Bernardino e San Giuseppe Artigiano finalmente restaurati e altri che stanno per tornare a nuova vita, come il teatro San Filippo, rarissimo esempio di architettura aquilana seicentesca. Un frammento spezzato della speranza dei cittadini sta trovando ricovero in quegli edifici, una speranza che alimenta forza e coraggio, entusiasmo e desiderio, rispetto e memoria.
Si ha la grande consapevolezza, camminando tra le vie del centro, che tutto sarà meglio di prima, che gli ostacoli e le ingiustizie non li fermeranno perché dalla mentalità parte il rinnovamento ed è proprio la mentalità ad essere cambiata. Sembrava una bomboniera L’Aquila, prima del grande boato, con le sue chiese, i suoi monumenti e le sue montagne, ma nessuno sembrava accorgersene. Ora, una volta ricostruita, L’Aquila sarà davvero una città d’arte, perché saranno i suoi cittadini per primi a difenderla e ad amarla, consapevoli di ciò che hanno riconquistato, lottando.
Nessuno qui rimarrà mai più solo, perché il terremoto ha insegnato a molti che solo uniti si resiste, che nei momenti di dolore, abbandonando il proprio egoismo e la propria piccola quotidianità, anche solo per poco tempo, si trovano coraggio e conforto reciproco.
Le generazioni di oggi sono e saranno protagoniste della rinascita, nell’aprire nuove prospettive, lottando, associandosi, proponendo, rivendicando il diritto di riappropriarsi della loro realtà e della loro identità. Non lasciamole inascoltate.
Storia, arte, cultura e scienza: c’è posto per questo e tanto altro nella nuova L’Aquila. In quest’anno, che volge al termine, si è discusso di mobilità, di innovazione, di scienza, di ricostruzione intelligente. Nel caldo dell’estate le impalcature si sono trasformate in teatri a cielo aperto dove artisti da tutto il mondo hanno portato la loro musica per le vie infagottate del centro, scienziati e filosofi sono scesi in piazza tra la gente per condividere i frutti del loro affascinante lavoro.
La forza immensa di questi nuovi orizzonti sta scuotendo ogni cosa, sta trasformando dall’interno il capoluogo d’Abruzzo, regione d’Europa.
Se il mondo guardava L’Aquila in quei tristi giorni di dolore, oggi è L’Aquila a voler guardare il mondo, a volersi sentire protagonista, a voler recuperare tempo e terreno.”
Gianluca Rubeo e Diego Renzi