Teramo. “Finalmente la politica si muove ma servono rispetto dell’ambiente e della salute, trasparenza e finanziamenti adeguati”.
Così l’Osservatorio indipendente sull’acqua del Gran Sasso, promosso dalle associazioni Wwf, Legambiente, Mountain Wilderness, ARCI, ProNatura, Cittadinanzattiva, Guardie Ambientali d’Italia, Fiab, Cai, Italia Nostra e Fai, che in una nota esprime “soddisfazione perché finalmente la politica regionale e quella locale hanno mostrato di voler occuparsi dell’acquifero del Gran Sasso” e chiede di “evitare il ripetersi degli errori del commissariamento passato” invitando ad “agire in maniera diversa” rispetto al 2003 quando, afferma l’ Osservatorio, si lasciò “sostanzialmente invariata l’interferenza delle gallerie autostradali e dei laboratori con l’acquifero del Gran Sasso, nonostante sia andato avanti per diversi anni e sia costato 80 milioni di euro”.
L’Osservatorio ribadisce quindi che “qualsiasi ipotesi di commissariamento dovrà tenere fermi questi aspetti, tutti ugualmente importanti e non sacrificabili: l’accelerazione delle procedure non può essere a scapito del rispetto della normativa posta a difesa dell’ambiente e della salute, a maggior ragione perché l’acquifero del Gran Sasso fornisce acqua ad oltre la metà degli abruzzesi e si trova all’interno di un’area naturale protetta di valenza europea, il Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga; la messa in sicurezza questa volta deve essere completa e definitiva. Non si tratta di superare una situazione di emergenza legata alla paventata chiusura delle gallerie autostradali, ma di rendere finalmente impermeabili gallerie e laboratori rispetto all’acquifero; per rendere veramente sicuro l’approvvigionamento d’acqua dal Gran Sasso è necessario che lo stato individui ingenti fonti finanziarie”. Si tratta di almeno 170 milioni di euro, secondo i calcoli effettuati dalla Regione.
Inoltre, rileva l’Osservatorio “va immediatamente garantito l’abbassamento del rischio potenziale, avviando le azioni necessarie per eliminare dai laboratori quelle sostanze pericolose che peraltro già oggi non potrebbero essere stoccate all’interno di un acquifero”.