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Cerimonia dei carabinieri a San Giuseppe Artigiano per il Virgo Fidelis

Redazione Abruzzo di Redazione Abruzzo
22 Novembre 2014
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L’Aquila. Nella chiesa di San Giuseppe Artigiano, alla presenza delle massime autorità civili e militari della Regione, S.E. Reverendissima l’Arcivescovo Metropolita Mons. Giuseppe Petrocchi, ha officiato la Santa Messa per la celebrazione della “Virgo Fidelis”, Patrona dell’Arma dei Carabinieri. Maria Vergine, fu proclamata ufficialmente Patrona dei Carabinieri l’11 novembre 1949, da Papa Pio XII. Il Sommo Pontefice che vide, nell’abnegazione con la quale i Carabinieri sono pronti a sacrificare la propria vita in nome dell’Italia e degli italiani un inossidabile valore di “fedeltà”, appunto, prossimo alla devozione con la quale Maria Vergine, dedicò la sua intera vita, legandola alla sorte di suo figlio, il Redentore. Non è un caso, quindi, che la data della ricorrenza, il 21 novembre, coincida con la commemorazione della Battaglia di Culqualber. Il fatto d’arme, rievocato nella 73^ ricorrenza da parte del Comandante Provinciale dei Carabinieri Col. Giuseppe Donnarumma, costituisce una delle colonne portanti della tradizione dell’Arma, una prova di fedeltà, mantenuta fino all’estremo sacrificio, che valse alla Bandiera di Guerra la seconda Medaglia d’Oro al Valor Militare proprio in memoria di quell’epica battaglia. È l’agosto del 1941, in terra d’Africa Orientale, ormai travolta dall’inarrestabile avanzata inglese. Al 1º Battaglione Mobilitato di Carabinieri e Zaptié, viene impartito l’ordine di presidiare il passo di Culqualber e proteggere il ripiegamento delle ultime forze italiane che stanno tentando di riorganizzarsi a Gondar. Le truppe inglesi non tardano ad arrivare, tentando invano a più riprese di forzare il blocco imposto dalle armi dei Carabinieri, attestati a difesa del caposaldo. Per tre mesi, i fedelissimi di Culqualber riescono con sortite rapide ad impadronirsi di armi e munizioni (che cominciavano a scarseggiare), fiaccando anche l’assedio nemico. Ridotti di forze, soverchiati dalla fame e praticamente inermi, all’alba del 21 novembre 1941, i superstiti dei circa 400 uomini posti a difesa di Sella Culqualber subirono l’assalto finale di circa ventimila inglesi decisi a guadagnare il valico. I Carabinieri, rifiutarono l’offerta di resa proposta dal nemico e resistettero fino alla sera, accettando di farsi massacrare dalle ingenti forze nemiche, piuttosto che arrendersi e ricevendo, per il valore dimostrato, l’onore delle armi dal nemico inglese. L’onore e la fedeltà che un manipolo di uomini dimostrò in quella strenue difesa di Culqualber, riecheggiano nella motivazione della Medaglia d’Oro al Valor Militare concessa all’Arma dei Carabinieri: “Glorioso veterano di cruenti cimenti bellici, destinato a rinforzare un caposaldo di vitale importanza, vi diventava artefice di epica resistenza. Apprestato saldamente a difesa d’impervio settore affidatogli, per tre mesi affrontava con indomito valore la violenta aggressività di preponderanti agguerrite forze, che conteneva con audaci atti controffensivi, contribuendo decisamente alla vigorosa resistenza dell’intero caposaldo, ed infine, dopo aspre giornate di alterne vicende, a segnare, per l’ultima volta in terra d’Africa, la vittoria delle nostre armi. Delineatasi la crisi, deciso al sacrificio supremo, si saldava graniticamente agli spalti difensivi e li contendeva al soverchiante avversario in sanguinosa, impari lotta corpo a corpo, nella quale Comandante e Carabinieri, fusi in un sol eroico blocco, simbolo delle virtù italiche, immolavano la vita perpetuando le gloriose tradizioni dell’Arma. Culqualber (A.O.) agosto –  novembre 1941”. Ovviamente parlare di quei Carabinieri che come molti altri fino ai tempi nostri si sono sacrificati al senso del dovere ed ai valori supremi di patria ed onore, deve necessariamente richiamare alla memoria chi, più di tutti, ha pagato il prezzo di questo sacrificio: mogli rimaste vedove e figli rimasti orfani, dei quali tuttavia l’Arma si è sempre presa grande cura ritenendo proprio dovere il surrogare, nei limiti del possibile, gli affetti perduti con una presenza Istituzionale ed una vicinanza ai familiari dei propri militari caduti. Non è dunque un caso che, in concomitanza con la ricorrenza della Virgo Fidelis e la commemorazione della Battaglia di Culqualber si celebri anche la “Giornata dell’Orfano”. Terminata la guerra, non potendo riceversi finanziamenti governativi, atteso il delicato momento della ricostruzione post- bellica, proprio per tutelare gli orfani dei propri caduti, venne chiesto a tutti i carabinieri, sia in servizio che in congedo ed ovviamente su base volontaria, di contribuire a raccogliere soldi da versare in un fondo di solidarietà. La coralità della risposta si concretizzò nella raccolta di circa quaranta milioni di lire, una somma rilevante per l’epoca. Sulla scorta di tale unanime adesione, il 5 ottobre del 1948, il Presidente della Repubblica, Sen. Luigi Einaudi, con proprio decreto istituì l’Opera Nazionale Assistenza per gli Orfani dell’Arma dei Carabinieri, più comunemente conosciuta con l’acronimo ONAOMAC, approvandone lo statuto e conferendole lo status di Ente morale avente personalità giuridica. Proprio nel ricordo di quanti si sono immolati per servire la Patria, alle 18.00, alla presenza del Comandante della Legione Carabinieri, Gen. B. Claudio Quarta, la Fondazione Carispaq di L’Aquila, che ha istituito a partire proprio da quest’anno il “Premio Internazione per la Solidarietà” conferirà il riconoscimento al Cavaliere al Merito della Repubblica Italiana, Martina Giangrande, figlia del Mar. M.O.V.C. Giuseppe Giangrande, vittima del dovere mentre prestava il proprio servizio. Come noto Giuseppe Giangrande, all’epoca Brigadiere Capo dei Carabinieri, era di vigilanza a Piazza Colonna, dinnanzi a Palazzo Chigi, durante la cerimonia di insediamento del governo Letta, il  28 aprile 2013.  Quel giorno, apparentemente uno come tanti altri, ma in un clima di tensione sociale crescente, dovuta alla crisi economica ed alla progressiva disaffezione verso la classe politica, Luigi Preiti, dichiaratamente per protestare contro il sistema politico, sparò contro il graduato ed un altro carabiniere di servizio. Purtroppo Giangrande, diversamente dal collega che rimase attinto ad una gamba, ha subito una lesione importante alla colonna vertebrale, che ha comportato, prima il concreto pericolo di vita e successivamente una disabilità permanente acuta. Che ha comportato e comporta la necessità di ricoveri frequenti, una assistenza continua. Per questo sacrificio il militare è stato insignito della Medaglia d’Oro al Valor Civile. Certamente invece, pochi conoscono il legame che unisce il M.O.V.C. Giuseppe Giangrande all’Abruzzo, regione nella quale, per un decennio dal 1988 al 1997, nel grado di Vicebrigadiere, ha prestato servizio presso l’Aliquota Radiomobile di Avezzano, quale motociclista e che la stessa Martina Giangrande, ha frequentato la scuola primaria presso la Scuola Elementare prospicente il Comando Compagnia Carabinieri di Avezzano. Ancora in occasione del sisma 2009, il Maresciallo  Giangrande, ormai da tempo traferito al 6° BTG “Toscana”  è stato impiegato in L’Aquila, nei contingenti di rinforzo sia nel 2009 che nel 2010. DSC02464 DSC02492 DSC02553

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