Record storico di interventi nel 2018 per il Soccorso alpino: sono state 9.554 le missioni di soccorso lo scorso anno, mai così tante, nella storia del Soccorso Alpino Speleologico. Aumentano gli incidenti in montagna, in grotta, dove l’ambiente è impervio. E l’impegno dei tecnici del Soccorso Alpino ha dovuto fare un ulteriore salto in avanti, rispetto anche al 2017, che aveva raggiunto, anche in quel caso, il picco storico delle richieste di soccorso. Il 2018 segna dunque un totale di 9.554 missioni di soccorso di cui il 73% svolte in territorio montano e impervio. L’ 11% di queste è dedicato alla ricerca di persone scomparse e un 9% che ha interessato le richieste di soccorso nei comprensori sciistici. La rimanente parte di percentuale, piuttosto corposa, è suddivisa fra interventi di protezione civile, valanga, forra, grotta, evacuazione impianti a fune.
A livello statistico gli interventi di protezione civile sono conteggiati come eventi singoli, ma in realtà presuppongono spesso lunghe ore, e a volte più giornate, di lavoro intenso. Nell’anno precedente (2017) il numero di soccorsi di era fermato a 9.059 missioni di soccorso, per la prima volta oltre quota 9mila. Per portare a termine queste operazioni di recupero sono stati impiegati 40.270 tecnici di soccorso, 28 Unità cinofile da valanga, 146 unità cinofile da ricerca in superficie, 13 unità cinofile da ricerca molecolare per un totale di 244.467 ore/uomo quantificate in 32.074 giornate lavorative. Il valore delle false chiamate che ha messo in moto la macchina del soccorso conta ben 131 casi pari ad un punto percentuale che nel complesso è un dato significativo. Anche la voce inerente all’attività praticata al momento dell’infortunio rispecchia le proporzioni degli ultimi anni, sebbene con un numero maggiore di richieste di soccorso.
Infatti è sempre l’escursionismo, con il 40,4% delle chiamate al NUE 112 o al 118, ad essere in testa a questa particolare classifica. Segue lo sci alpino e nordico con il 16,7%, l’alpinismo (6,1%) precede di poco la mountain bike (6,1%), i cercatori di funghi e lo sci alpinismo con 321 casi. Secondo i dati del Soccorso Alpino e Speleologico il 2018 ha visto un numero complessivo di 458 vittime in montagna e dove l’ambiente naturale è severo. Nel 45,2% delle richieste di soccorso pervenute al CNSAS, si si è trattato di feriti leggeri, nel 13,2% di feriti gravi, il 2,6% di feriti in imminente pericolo di vita, i deceduti sono stati il 4,9%.Le persone illese hanno raggiunto la soglia del 33,5% ed i dispersi e non ritrovati sono stati 61, con una percentuale al di sotto dello 0,7%. I Soci CAI coinvolti in un soccorso sono stati 354 (3,8%) mentre i non soci 9028 pari al 96,2%. Sostanzialmente invariato anche il rapporto fra infortunati uomini (70,46%) e donne (29,6%). I mesi più intensi per le operazioni di soccorso sono stati i mesi di luglio (14%), agosto (16,2%), settembre (11,3%), mentre i minimi si sono registrati rispettivamente a novembre (3,6%) e maggio (4,7%) e aprile. Importanti anche i numeri della stagione invernale, da dicembre a marzo, dove la presenza di turisti nei comprensori montani.
“Il Soccorso Alpino e Speleologico conferma numeri in costante crescita – dichiara il Presidente Nazionale, Maurizio Dellantonio – Aumentano gli incidenti in montagna e dove l’ambiente è impervio e questo è sicuramente frutto di una maggiore frequentazione delle nostre aree verdi, in linea con l’aumento generale dei trend turistici. Ma notiamo anche una maggiore propensione al rischio. Le attività più specializzate, definite “estreme”, attirano giovani e meno giovani, che si avvicinano ad esse spesso senza la dovuta preparazione. Penso soprattutto al freeride, lo sci fuoripista, al downhill in bicicletta, fino ad arrivare alle “tute alari”, qualche anno fa pressoché sconosciute. Non demonizziamo questi sport ma chiediamo agli appassionati di migliorare la loro preparazione in termini di sicurezza”