L’Aquila. Leonardo da Vinci, terminato il suo idillio con Ludovico il Moro, nel 1499 si avventura negli Abruzzi con il suo amico Paolo Trivulzio, un mercante milanese di stoffe. Leonardo, non più giovanissimo, a quarantasei anni affronta un difficile viaggio che lo porterà prima a L’Aquila e poi a Sulmona.
La lana dell’Aquila era la più pregiata sul mercato, tanto che alcuni centri abruzzesi intorno a quegli anni avevano stretti rapporti commerciali con Firenze e Milano, che ne assorbivano la produzione sia come materia prima che come prodotti lavorati. Trivulzio scendeva spesso negli Abruzzi, dove acquistava la preziosa lana tessuta sugli altipiani aquilani. In seguito passarono per Taranta Peligna, dove Leonardo, ben più pratico di automatismi e macchine rispetto al suo amico Trivulzio, riuscì nell’ardua impresa di capire il funzionamento di quei telai, che all’epoca erano all’avanguardia della tecnica. Leonardo, per sdebitarsi, abbozzò disegni e trame che i tessitori di Taranta Peligna utilizzarono negli anni a venire, fino ad oggi, per creare le celebri coperte abruzzesi, sempre più rare.
Ma quali sono le prove di questo viaggio? Nella “Royal Collection” di proprietà di sua maestà la regina Elisabetta II, conservati presso il castello di Windsor, si possono vedere alcuni bozzetti realizzati da Leonardo da Vinci che raffigurano la città di Sulmona, un affresco che rappresenta il Morrone e uno la Majella.
Pochi mesi dopo, all’inizio del cinquecento, papa Leone X concede al fratello Giuliano de’ Medici la bonifica dell’Agro Pontino a proprie spese. L’aspetto tecnico di quest’opera, invece, spettò a Leonardo, che ancor prima che essere un artista, si definiva un ingegnere idraulico. Negli anni successivi, più precisamente nel 1514, Leonardo realizza il progetto per il prosciugamento delle paludi pontine e per il porto di Civitavecchia, anch’esso conservato alla Royal Library dei Windsor. Ma come fece Leonardo a progettare un’opera che da tutti veniva considerata irrealizzabile? Secondo qualche studioso ben informato Leonardo, durante il viaggio di ritorno da Sulmona a Roma avvenuto qualche anno prima, aveva avuto modo di studiare il prosciugamento del lago Fucino, compiuto dai romani 1500 anni prima. Ma cosa ci fa pensare che Leonardo possa essere passato anche nel Fucino? Anzitutto l’antica via Valeria era la strada obbligata per chi da Sulmona volesse tornare a Roma, ma a maggior conferma di questo itinerario c’è il fatto che alcuni disegni di Leonardo siano stati realizzati su carta della cartiera di Celano.
La gualchiera di Celano, esistente tutt’oggi nonostante l’amministrazione comunale abbia fatto di tutto per demolirla, era una delle più importati del medioevo. Ma c’è un’opera di Leonardo ancor più importante, che venne realizzata sulla carta della cartiera di Celano: il Codice Lauri. Questo importante codice, finora mai pubblicato né studiato, ma conservato dalla famiglia Lauri di Pescara, riporta l’opera di Leonardo nota come “trattato della pittura”. In alcune edizioni quest’opera si poteva trovare anche il “De Pittura” di Leon Battista Alberti, un artista che Leonardo ammirava tantissimo e che studiò approfonditamente, perché nel suo trattato riportò per primo un’innovativa tecnica di pittura chiamata “sfumato”, che poi servì a da Vinci per creare l’enigmatico sorriso della Monnalisa.
Abbiamo già visto, negli articoli precedenti, come Leonardo e Torlonia avessero dei legami, tramite la Monnalisa di Torlonia (articolo qui) e tramite il dipinto di Leonardo da Vinci a Villa Torlonia ad Avezzano (articolo qui), ma sembra che l’ultima anello che chiuda il cerchio sia proprio Leon Battista Alberti.
Palazzo Torlonia su via della Conciliazione a Roma è attribuito al Bramante, ma si tratta di una rilettura di palazzo Rucellai di Firenze. Ebbene la facciata del palazzo dei Torlonia è fin troppo simile, per non dire identica, a quella dell’edificio fiorentino, che fu progettato proprio da Leon Battista Alberti. Francesco Proia, autore del romanzo storico “Il Principe del Lago”.