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Frode fiscale e imposte compensate a Chieti, indagate 12 persone: 3 in carcere e 9 ai domiciliari

Giulia Antenucci di Giulia Antenucci
13 Dicembre 2018
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Chieti. Potevano andare da alcune decine di migliaia di euro a svariati milioni, anche più di 11, come accertato nel caso del titolare di una ditta individuale, le imposte iscritte a ruolo che il contribuente di fatto non pagava compensandole con crediti inesistenti grazie ad un sistema di presentazione on line delle deleghe di versamento, ovvero il modello F24 trasmesso tramite home banking, che consentiva di aggirare l’obbligo di utilizzare i servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate per il controllo preventivo.

E’ quanto emerge fra l’altro dall’ordinanza di custodia cautelare di 131 pagine del gip del Tribunale di Chieti, Luca De Ninis, che ha portato all’arresto la notte scorsa di 12 persone, tre in carcere e nove ai domiciliari, fra le province di Chieti, Pescara e Napoli, per associazione a a delinquere finalizzata alla frode fiscale attraverso l’indebita compensazione di crediti.

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L’indagine, coordinata dalla Procura della Repubblica di Chieti, è stata condotta dalla Guardia di Finanza di Chieti e dalla Squadra Mobile del capoluogo teatino. Un meccanismo che vede in posizione di vertice due consulenti campani ”promotori e gestori del servizio” ed un teatino titolare di un’impresa di pompe funebri ”che organizza il ramo dell’impresa criminale destinato alla ricerca nell’area chietino pescarse e dei clienti” ma anche coadiutori, procacciatori e clienti, un meccanismo che fruttava una percentuale compresa fra il 5 e il 10% della somma iscritta a ruolo ma che per l’Erario si è trasformato in mancati introiti per oltre 63 milioni di euro negli ultimi tre anni.

Un’attività particolarmente remunerativa, soprattutto per i vertici del sodalizio criminale, al punto che uno degli indagati, in una intercettazione dice che ”lottare contro lo Stato italiano è un lavoro che rende bene, tanto da guadagnare più di 1.200 euro al giorno”. Quanto alle esigenze cautelari, secondo il Gip sono motivate dal pericolo di reiterazione di reati dello stesso genere, dal pericolo per la genuinità dell’acquisizione probatoria e in un caso anche dal pericolo di fuga.

Nell’ordinanza a proposito del pericolo di reiterazione dei reati vengono rimarcate, in capo a tutti gli indagati, le modalità seriali ed altamente professionali della condotta criminosa, la capacità degli associati di organizzare una rete di reclutamento di contribuenti con pendenze fiscali e contributive di elevato ammontare, l’attitudine espansiva dell’offerta criminale, con conseguente passaparola fra i clienti, determinata dall’immediata efficacia e remuneratività delle condotte, le effettive ed allarmanti dimensioni raggiunte dal fenomeno. Elementi che sempre stando all’ordinanza, evidenziano un altissimo pericolo di reiterazione dei reati dello stesso genere, che anzi rasenta la certezza.

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