Pescara. Il “mostro” della burocrazia negli ultimi dieci anni ha “divorato” 100mila imprese agricole, costrette a chiudere per il peso opprimente dei tremendi costi e della farraginosita’ dei rapporti con la Pubblica amministrazione. Un dazio che all’agricoltura costa oltre 7 miliardi l’anno: per la singola azienda equivale a due euro per ogni ora di lavoro, 20 euro al giorno, 600 euro al mese, 7.200 euro l’anno. Questi alcuni dei primi dati di un’indagine che sono stati presentati a Roma nel corso della VI Assemblea elettiva della Cia-Confederazione italiana agricoltori. Secondo la Cia, il 30 per cento dell’aggravio economico burocratico e’ addebitabile a ritardi, disservizi e inefficienze della Pubblica amministrazione. Un “carico” asfissiante, fanno sapere dalla Cia, che costringe ogni imprenditore agricolo a produrre nei 365 giorni materiale burocratico cartaceo che, messo in fila, supera i 4 chilometri e ha un peso che sfiora i 25 chili. Inoltre, occorrono otto giorni al mese per riempire i documenti richiesti dalla Pubblica amministrazione centrale e locale. In pratica, cento giorni l’anno. Un compito che difficilmente l’imprenditore agricolo puo’ assolvere da solo e, quindi, nel 65 per cento dei casi e’ costretto ad assumere una persona che svolge questa attivita’ o, per il restante 32 per cento, a rivolgersi a un professionista esterno, con oneri facilmente immaginabili. Le cifre – continua la Confederazione – diventano ancora piu’ macroscopiche se si prende in considerazione l’insieme dell’imprenditoria del nostro Paese, che spende in burocrazia la bellezza di 61 miliardi di euro l’anno. Un costo che, ridotto del 25 per cento, comporterebbe un aumento del Pil dell’1,7 per cento. Comunque, in agricoltura si riscontrano grandi difficolta’: oltre il 90 per cento degli agricoltori, secondo il sondaggio Cia, denuncia ostacoli e difficolta’ per la propria attivita’ a causa della burocrazia e chiede, quindi, una semplificazione amministrativa e fiscale che e’ ritenuta un fattore indispensabile per lo sviluppo.